Bisogna intervenire a lungo, un anno all’incirca, lasciando ai lavoratori la libertà di ricollocarsi, ma dando loro nel contempo un forte sostegno monetario, formativo e psicologico. Proteggendo i più vulnerabili: giovani, donne, precari e autonomi. E soprattutto con umiltà perché non sappiamo cosa ci riserva il futuro.
In Italia ci sono 2,5 milioni di disoccupati; 3,5 milioni di lavoratori in cassa integrazione; 2 milioni di giovani che non lavorano e non studiano; e 2 milioni di donne potrebbero e vorrebbero lavorare, ma non riescono per ragioni strutturali. Un totale di 10 milioni di persone che fatica a interagire col mercato del lavoro. Un quarto della popolazione in età da lavoro, la cui vita economica ed emotiva è in stato precario. E’ chiaro come cifre di tale portata, quasi da economia postbellica, richiedano uno sforzo altrettanto significativo per aiutare il mercato del lavoro a ripartire. E’ uno sforzo ovviamente complesso e pieno di incertezze perché non sappiamo come evolverà il mondo del lavoro post Covid. Ma, mettendo in fila quel poco che sappiamo, possiamo iniziare a ipotizzare un quadro di intervento.
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