Del Recovery plan italiano non si sa molto, sia sulla struttura che lo dovrà eseguire sia sui progetti da realizzare. Ma ciò che si vede non lascia ben sperare. Sul lato dell’organizzazione non si è ancora capito se ci sarà una task force manageriale o una cabina di regia ministeriale, forse qualcosa si saprà al termine della “verifica” di governo. Rispetto al chi gestirà i circa 200 miliardi europei, tra fondi e prestiti, nella maggioranza c’è molta meno conflittualità sul cosa farne. Pare un problema secondario. Ma sarebbe quello il terreno su cui sarebbe più necessario confrontarsi e scontrarsi. Perché sul fronte dei contenuti, le proposte che abbiamo visto lungo i due obiettivi principali del Next Generation Eu lasciano molto a desiderare.
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