I principali punti critici del cosiddetto cashback sono già stati evidenziati. Tra gli altri, Tito Boeri ha segnalato l’assurdità di uno strumento che, nel mezzo della pandemia, incoraggia la spesa che richiede la presenza fisica rispetto a quella online. La natura regressiva dello strumento è stata messa in luce da Enrico d’Elia su lavoce.info, osservando che è “probabile che la misura accentuerà la sperequazione tra i redditi, favorendo le famiglie più ricche”. I sostenitori del provvedimento, in particolare della esclusione dell’e-commerce, sostengono che è giustificato dall’emersione del "nero" dovuto all’incentivo per i consumatori di richiedere il pagamento mediante strumenti tracciabili. Nessuna stima quantitativa è stata offerta di tali effetti sul gettito fiscale. Questo a fronte di costi ingenti per lo stato, che sono stimati intorno ai 5 miliardi. Il punto che sembra sfuggire quando si parla di “emersione del nero” è che l’intervento a un singolo punto della catena produttiva ha effetti limitati. Un piccolo negozio di frutta e verdura che vende almeno parte della propria merce solo in contanti può probabilmente essere indotto a tirare fuori dal cassetto il Pos, dietro l’insistenza dei clienti che aspirano a ottenere il cashback. Ma è solo parte delle tasse che andrebbero pagate.
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