Perché le prospettive di crescita si giocano su fiducia e trasparenza
Nell’emergenza ci siamo fidati dello stato, ora tocca allo stato motivare le decisioni e mostrare i risultati
La fiducia è il bene pubblico più importante. E’ sulla fiducia reciproca – e su quella di tutti verso le istituzioni – che si gioca buona parte delle prospettive di crescita economica di un paese. Gli italiani, come ha notato Claudio Cerasa nell’editoriale di ieri, hanno dimostrato in questi mesi di avere un senso di disciplina forse inatteso, che deriva da un’apertura di credito nei confronti dello stato. Tutti ci siamo resi conto che ci trovavamo in una situazione estrema e sconosciuta; e ci siamo fidati delle indicazioni, abbiamo rispettato i divieti (anche quanto apparivano contorti o incomprensibili) e abbiamo seguito le raccomandazioni (anche quando cambiavano a pochi giorni di distanza: togli la mascherina, metti la mascherina). La fiducia è un patrimonio difficile da costruire ma facile da disperdere. Il governo ne ha trovato un tesoretto, grazie al Covid: ora deve amministrarlo con saggezza. E troppo spesso dà la sensazione di non esserne consapevole.
Lo stiamo vedendo con la girandola dei divieti natalizi. Lo abbiamo sperimentato con la reticenza a rilasciare (e forse anche a raccogliere) i dati relativi alla diffusione della pandemia. Ma, soprattutto, lo viviamo ogni giorno, constatando la disparità di trattamento tra il pubblico e il privato: l’uno può fare tutto ciò che è vietato all’altro. L’esecutivo dovrebbe, allora, aprire un cantiere per sdebitarsi con gli italiani della loro pazienza e della loro comprensione. Può farlo, anzitutto, smettendola di dare la sensazione di essere un sovrano arbitrario e capriccioso. Non c’è giorno in cui i leader politici e i ministri non parlino di semplificazione del fisco. Perché, allora, continuano ad aggiungere bonus, eccezioni, scorciatoie? Perché continuano ad attribuire risorse sulla base di dotazioni insufficienti e attraverso l’incivile lotteria dei click day (prossimo candidato: il bonus rubinetti, che fa già ridere così)? Un documento dell’Ufficio valutazione impatto del Senato descriveva l’imposizione sul reddito personale come una giungla: era il 2017. Da allora le cose sono ulteriormente peggiorate. Ripagare la fiducia degli italiani vuol dire, allora, impegnarsi a rendere comprensibile il sistema tributario. Ciò significa anche abbandonare la logica dei due pesi e due misure, delle modalità di determinazione sintetica dei ricavi presunti, delle limitazioni alle deduzioni dall’imponibile per presunto utilizzo personale dei beni di azienda, del presunto livello corretto dell’indebitamento aziendale che consenta un pieno recupero degli interessi passivi o dei tempi biblici di rimborso dei contribuenti che invece sono costretti a pagare con puntualità svizzera. Fidarsi, poi, vuol dire esporsi alla valutazione altrui. Non tenere nascoste le proprie intenzioni e informazioni.
Per fare solo un paio di esempi: alcuni giorni fa, il ministro per il Sud Peppe Provenzano ha annunciato la trasformazione della Strategia aree interne da sperimentazione in “politica strutturale”. Tuttavia, nessuno sa quali siano gli esiti della sperimentazione o sulla base di quali evidenze si sia deciso di estenderla, e il ministro si è ben guardato dal rispondere alle domande rivoltegli. L’intera gestione pandemica affidata a Domenico Arcuri è coperta dal più assoluto riserbo: nessuno ne sa niente, mentre altri paesi stilano rapporti periodici sulle spese sostenute durante l’emergenza. Uno stato che vuole la lealtà dei cittadini e che pretende di sapere tutto di loro, dovrebbe garantire la stessa trasparenza. L’accountability non può essere solo un termine da utilizzare nei convegni sul rapporto tra Pubblica amministrazione e cittadini per far vedere che si sono prese ripetizioni di inglese; è un principio a cui va improntata tutta l’azione degli apparati di governo, a qualsiasi livello, perché il cittadino possa trovarsi, almeno ogni tanto, allo stesso livello di chi dovrebbe curarne gli interessi.