E adesso è ora di correre, cara Europa. La pandemia, si sa, ha costretto tutti i paesi del mondo ad accelerare, per quanto possibile, le transizioni digitali e anche l’Europa, su questo fronte, ha registrato numeri da record, offrendo per il futuro indicazioni utili per combattere un nemico invisibile che si annida da tempo nel cuore del nostro continente: il pregiudizio incomprensibile contro i giganti della tecnologia. Nel settore tecnologico, per fare un primo esempio, gli investimenti privati totali hanno toccato quota 41 miliardi, una cifra record, e sono state 18 le società sostenute dai venture capital che hanno raggiunto un valore superiore al miliardo di dollari. A questo, come riportato a dicembre nel report annuale sullo stato della tecnologia europea redatto da Atomico, fondo di venture capital, vanno aggiunti poi altri due elementi cruciali: gli investitori istituzionali – come fondi pensione, compagnie assicurative, fondi europei e globali – riversano oggi il triplo delle risorse nell’industria tecnologica europea rispetto a cinque anni fa (l’Italia purtroppo va controcorrente: qui i finanziamenti provenienti da venture capital hanno subìto un calo del 22 per cento, da un record di 450 milioni di euro nel 2019 si è passati a 400 milioni di euro nel 2020) e il valore d’impresa totale stimato delle società tecnologiche europee fondate dopo il 2000, quotate e non quotate in Borsa, è salito a quasi mille miliardi di dollari (960 miliardi di dollari), quintuplicando il valore raggiunto nel 2016 (191 miliardi di dollari).
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