La Cina ha subito alzato la voce: "Giudicare gli affari interni di altri paesi spingerà il mondo alla divisione e al confronto". Sorpresa Russia, con Putin atteso in videoconferenza mercoledì dopo 11 anni di assenza, in terzo piano gli Usa. Ma più che il tempio del capitalismo, la 5 giorni di quest'anno sembra il suo confessionale
Si parla di pandemia, quest’anno, a Davos. Come ovunque del resto. E si prova a disegnare il mondo che uscirà dallo sconquasso del 2020. La missione, va detto è ardua, la nebbia fitta, e il record di previsioni azzeccate uscite da Davos non dei migliori (proprio pochi giorni fa, Financial Times ha fatto uscire un sapido articolo dal titolo Why does Davos Man get it so wrong?, che potremmo tradurre come ‘Perché a Davos non ci azzeccano mai?’ e che mette in fila gli sconvolgimenti storici che a Davos non hanno visto arrivare, da Lehman Brothers a Brexit; dall’elezione di Trump al CoVid). Però Davos resiste, come le Alpi che la circondano. E come ogni anno prova a tirare le fila di quel che del mondo si sa e, sulla base di quello, prova a tirare i dadi per prevedere il futuro, con l’ambizione di costruirlo.
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