L’europeismo che non è solo una vocazione ma una necessità. L’inazione che non è solo un atto di irresponsabilità ma un fallimento. La nobiltà del compromesso, il coraggio di decidere, la competenza e l'umiltà. Le qualità del premier ideale nelle parole dell’ex presidente della Bce
Dopo il tentativo andato a male di fare un governo europeista fondato sui Ciampolillo, qualsiasi appello al compromesso rischia di rievocare il trasformismo. Eppure è proprio su questo metodo che Mario Draghi cercherà di fondare un governo capace di superare la crisi sanitaria, economica e politica del paese. Esattamente due anni fa, all’Università di Bologna, l’allora presidente della Bce chiuse il suo intervento con un elogio della nobiltà del compromesso citando un sermone di Joseph Ratzinger fatto qualche decennio prima di diventare Papa Benedetto XVI: “Essere sobri e attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l’impossibile, è sempre stato difficile; la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale… Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole… Non è morale il moralismo dell’avventura… Non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica”. Nel discorso di Bologna non è indicato solo il superamento della sterile intransigenza, un tema che lacererà il M5s moralista, ma anche la distinzione fondamentale tra due concetti come “indipendenza” e “sovranità”, su cui invece dovrà riflettere la Lega sovranista.
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