Sviluppo sostenibile, transizione verde, New Green Deal… Le espressioni per definire la missione del nuovo governo in campo ambientale abbondano e sembrano avere preso il posto del “nuovo modello di sviluppo”, espressione di cui tanto si è abusato nei decenni passati, senza che nessuno abbia fatto lo sforzo di spiegare per bene di che cosa si trattasse. Foglia di fico di ideologie in declino. Poi capita che al capo dei 5 Stelle, Vito Crimi, venga chiesto a quanto ammontano le risorse finanziarie destinate nel Recovery a questi temi e che lui nel rispondere si sbagli di 40 miliardi. Noccioline. E fa questo errore perché non conta le risorse destinate alla transizione energetica, quelle destinate al miglioramento del trasporto pubblico, all’agricoltura di qualità e ad altri capitoli di riconversione industriale. Praticamente non ha capito l’oggetto. Mentre il suo mentore, Beppe Grillo, richiede l’istituzione di un superministero che accorpi, in nome della transizione verde, le competenze ambientali con quelle industriali e trasportistiche, sottolineando, e come dargli torto, che è lì che si giocano le partite decisive per affrontare la transizione climatica. Insomma una gran confusione, dovuta a un certo sloganismo dilettantesco, che poco discerne e poco fa di conto. Così si pensa che la mobilità sostenibile siano i monopattini e le bici elettriche e che l’acqua potabile si difenda con gli incentivi per acquistare macchinette per mettere le bollicine nell’acqua del rubinetto. Un bricolage senza costrutto.
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