Il futuro di Cdp e la (nuova) sfida tra Palermo e Scannapieco
Le prossime partite di Cassa depositi e prestiti (Tim, Autostrade e Open Fiber) si intrecciano con la scelta della nuova governance del "braccio armanto" del Tesoro
Roma. “All’interno dell’Unione europea, l’Italia è fanalino di coda per crescita. Il pil non regge il passo del debito pubblico, che penalizza il paese con un merito di credito a un gradino da junk (spazzatura). Occorre quindi sviluppare rapidamente una politica trasparente di investimenti mirati alla crescita sostenibile, accompagnata da riforme e basata su una forte discontinuità nelle procedure rispetto al passato”. Mentre Dario Scannapieco vicepresidente della Banca europea per gli investimenti presentava ieri alle commissioni Bilancio di Camera e Senato le sue valutazioni sul “Piano di ripresa e resilienza”, i senatori e i deputati che lo ascoltavano non potevano non chiedersi: sarà lui o non sarà lui a guidare il “braccio armato” del Tesoro, cioè la Cassa depositi e prestiti?
Tre anni fa proprio Scannapieco era stato proposto al timone della Cdp dall’allora ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Ma Luigi Di Maio, mercanteggiando con Giancarlo Giorgetti, puntò i piedi e la scelta cadde su Fabrizio Palermo. La Lega ottenne il suo droit de régard sulla Rai, le Ferrovie, Equitalia e i servizi segreti. Che non è poco. Il mandato di Palermo scade il mese prossimo e il totonomine vede come molto probabile il passaggio di testimone, tenendo conto anche del rapporto di fiducia tra Scannapieco, Mario Draghi e Daniele Franco che oggi siede alla scrivania di Quintino Sella.
Palermo non ha gestito male la Cassa, ha distribuito prima della pandemia consistenti dividendi all’azionista Tesoro e alle Fondazioni che detengono una quota di minoranza. Sotto la sua guida la Cdp si è caratterizzata ancor più come socio rivelante di imprese a partecipazione statale e attore di grandi operazioni industriali: la nascita di Webuild, il campione nazionale delle costruzioni, la creazione di un grande gruppo nel settore dei pagamenti, la partecipazione in Euronext dove è confluita Borsa italiana. Ma, proprio allo scadere del suo mandato deve concludere tre partite di grande rilievo, due delle quali in tempi rapidi. La prima riguarda Autostrade per l’Italia, la seconda Tim e la terza Open Fiber o meglio la rete internet ad alta velocità. Con Atlantia si dovrebbe arrivare entro domani a una stretta. Resta una divergenza non da poco sul prezzo: la Cdp offre tra 8,5 e 9,5 miliardi di euro in due tranche, pagando subito i tre quarti del valore pattuito. La società dei Benetton vuole di più, i fondi di investimento si aspettano tra gli 11 e i 12 miliardi. Bisognerà trovare un compromesso.
Una mediazione sarà necessaria anche in Tim. La Cassa è azionista con il 9,89 per cento e nei mesi scorsi è salita una pressione nazional-populista affinché presenti una propria lista all’assemblea di fine marzo, diventando così la punta di lancia contro Vivendi, il gruppo controllato da Vincent Bolloré che possiede il 23,94 per cento e, dopo la sentenza della Corte europea, può far valere i suoi diritti. Insomma la Cdp dovrebbe gettarsi in una nuova guerra telefonica dagli effetti probabilmente catastrofici, come il passato insegna. Palermo si muoverà con passo felpato tanto più se come è legittimo spera in una riconferma. In Open Fiber il fondo australiano Macquarie ha offerto 2,65 miliardi di euro all’Enel per acquistare la sua quota del 50 per cento. Domani a mezzanotte scade il termine per l’esercizio della prelazione. L’Enel finora ha puntato i piedi. Qualunque sia la valutazione pattuita, sempre se la trattativa andrà avanti, alla Cdp basterà comperare un’azione o comunque una piccola quota per avere la maggioranza assoluta e poter così determinare la governance. A quel punto si aprirà un nuovo round con Tim per stabilire se farà confluire la sua rete in una società unica, a quali condizioni e chi ne avrà la guida. Toccherà al prossimo amministratore delegato sciogliere, insieme al governo, l’intricata matassa. Se sarà Scannapieco porterà alla Cdp il modello Bei, intensificando il coté investimenti. A quel punto, diventerà ancor più necessario razionalizzare le partecipazioni azionarie collocandole in un veicolo parallelo, quel fondo sovrano italiano del quale si parla da tempo. Ma questa è un’altra puntata.