(foto d'archivio Ansa)

editoriali

Il gran rimbalzo italiano

redazione

Crescita ma non solo. Perché l’Italia può diventare la sorpresa d’Europa

Il primo segnale è quello arrivato dall’Ocse, con la crescita italiana per il 2021 messa un po’ sopra alla media europea. Sono stime che questa volta valgono più del solito. Perché la ripartenza italiana, sorella minore di quella tedesca, ha un solido tratto manifatturiero, e quello ormai si era capito con chiarezza già dalle tendenze visibili fin da questa estate, cui si aggiungono, però, alcune peculiarità davvero interessanti. L’industria sta andando bene, malgrado tutto. In Europa la produzione industriale era ancora in contrazione in febbraio, ma facevano eccezione Italia e Germania. Mentre quello italiano è il migliore indice Pmi composito (cioè comprendente tutti i tipi di attività economica) in Europa, con le rilevazioni fatte periodicamente da Ihs Markit tra i responsabili acquisti delle aziende (Purchasing Manager Index) da cui si trae un orientamento fortemente espansivo. Indicazioni già visibili da mesi, ma sempre più consolidate e significative. Ma gli elementi di forza sono, come si diceva, anche altri, e meno scontati rispetto alla consistenza del sistema manifatturiero nazionale. Per trovarli basta rovesciare quelli che finora sono sempre stati punti deboli dell’economia italiana, ma che, proprio a causa dell’enorme stress test della pandemia e dello sforzo collettivo europeo per ripartire, si stanno trasformando in opportunità di crescita. Stiamo parlando di mercato e regole del lavoro, di digitalizzazione delle imprese e della Pubblica amministrazione, di rafforzamento dei servizi e specialmente di quelli ad alto valore aggiunto, di consumi interni, di patrimonializzazione delle famiglie.

 

Lo stress test per l’Italia, il fenomeno che ci sta trasformando, non è solo quello causato dalla terribile sofferenza umana, personale e collettiva, per la pandemia e dai blocchi alle attività sociali e commerciali, ma è quello che ci attende nei prossimi mesi, di cui non avevamo cognizione da tempo, e cioè una forte crescita economica, come quella che sperimenteremo nel 2021 e nel 2022. Certo, in termini strettamente numerici, servirà a tornare, e gradualmente, ai livelli di pil precedenti alla pandemia, ma non è proprio così. Perché un passaggio così traumatico comporta trasformazioni che lasciano il segno. Ieri c’è stata la firma dell’accordo per avviare l’adeguamento della pubblica amministrazione alle condizioni imposte dal piano per la ripresa dell’Europa. L’inserimento di giovani dirigenti e la trasformazione degli stessi mandati dirigenziali, assieme a nuove regole per garantire operatività decisionale e una ragionevole distribuzione delle responsabilità, creano le condizioni per migliorare l’efficienza della macchina statale. Per il mercato del lavoro è già cominciato lo smontaggio delle limitazioni imposte ai contratti a termine, operazione possibile anche perché, proprio per far fronte alla crisi pandemica, sono stati rafforzati gli strumenti di tutela del reddito. E’ come dire che dalla pandemia usciremo con più welfare e meno vincoli al lavoro, sembra una linea coerente con una corretta interpretazione del Jobs Act e da cui ci si possono aspettare effetti positivi. Soprattutto in quel campo dei servizi da cui ora sta arrivando la maggiore sottrazione di ricchezza. Quelli a basso valore aggiunto ripartiranno velocemente. Sono un importante strumento per creare occupazione in tempi rapidi e sapranno reagire con velocità alla riapertura delle attività. Si pensi al turismo. Ora è compresso, certo, ma le sue potenzialità sono intatte. I consumi interni sono stati un fattore di frenata, e le stime di recupero per la seconda parte dell’anno, quelle contenute nella previsione sul pil 2021, restano ancora molto prudenziali, ma ci sono anche segnali di ritorno della domanda interna. La forte patrimonializzazione delle famiglie italiane è stata uno strumento per resistere alla recessione 2020, ora potrebbe diventare anche uno strumento di crescita. La digitalizzazione delle imprese era stata spinta da Industria 4.0, ma quello che si è visto finora sembra solo un assaggio. Con il turbo dei fondi europei il recupero di efficienza sarà molto maggiore delle attese. Per l’Italia si tratta di colmare un ritardo, certo, ma l’operazione diventa più semplice quando, assieme, una forte spinta finanziaria (i fondi europei) e un cambio tecnologico (ad esempio il 5G), creano condizioni del tutto nuove e aprono un’altra partita. Il già malato d’Europa, questa volta, potrebbe sorprendere.

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