Cosa c'è dietro le mire di Abertis su Autostrade
Dopo lo spauracchio dell'esproprio e della nazionalizzazione, per rilevare quote dei Benetton è in entrato in scena Florentino Perez. Che punta alle autostrade per l'Europa
La telenovela delle Autostrade per l’Italia sta entrando nella sua ultima puntata, con tanto di colpi di teatro come in ogni feuilleton che si rispetti. In scena è entrato Florentino Pérez il vulcanico presidente del Real Madrid, palazzinaro (pardon costruttore) e già reuccio delle autostrade spagnole, il quale ha proposto ad Atlantia di comprare Aspi valutandola 10 miliardi, quasi uno in più rispetto alla Cassa depositi e prestiti. La prima serie dopo il crollo del Ponte Morandi era intitolata esproprio (sottotitolo revoca della concessione) con protagonista assoluto il Movimento 5 Stelle sotto la maschera triste di Danilo Toninelli, ministro delle (non) infrastrutture. La seconda aveva come titolo nazionalizzazione, la terza partecipazioni statali perché dalle quinte è uscita con tutta la sua prestanza la Cdp, adesso c’è l’”affondo spagnolo” copyright la Repubblica. Il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e posseduto da John Elkann dà spazio (curioso assai) ai lamenti sovranisti. Ecco qua cosa scrive Giovanni Pons cronista economico di lungo corso: “Alla base di questa manifestazione d’interesse si cela la mai sopita volontà degli spagnoli di conquistare le autostrade italiane”. A noi che siamo senza dubbio meno attenti, deve essere sfuggito qualcosa perché ci sembra che le autostrade spagnole di Abertis sono possedute al 50% più una azione dalla italiana Atlantia degli italiani (variante veneta) Benetton. E ricordiamo che la volontà italiana di conquistare le autostrade spagnole era emersa molti anni fa, era stata frustrata da Antonio Di Pietro quando faceva il ministro nel breve governo guidato da Romano Prodi (2006-2008), senza essere mai sopita visto che poi i Benetton hanno raggiunto il loro intento nel 2018 pagando ben 18 miliardi, per lo più presi in prestito. Adesso comincia una nuova serie che, almeno nelle intenzioni di don Florentino potrebbe chiamarsi autostrade per l’Europa. E i sovranisti si fanno venire il mal di pancia.
Il progetto, a quel che sappiamo, consiste in questo: Pérez attraverso la sua Acs compra l’Aspi da Atlantia e la fonde con la quota che possiede in Abertis (50% meno una azione insieme alla controllata tedesca Hochtief) ottenendo così la maggioranza del nuovo gruppo nel quale sarebbe presente (a meno che non si voglia tirare indietro) anche Atlantia e, forse, la stessa Cdp. L’imprenditore spagnolo lascia la porta aperta, anzi vorrebbe coinvolgere attraverso la Cassa il governo italiano che è comunque il concessionario della rete autostradale. La parola d’ordine è “campione europeo” e piace ovviamente a Pérez in attesa di conquistare un’altra coppa dei campioni (anche se sarà dura con i francesi del Psg e i tedeschi del Bayern), ma che non dovrebbe dispiacere nemmeno a Mario Draghi il quale non ama una nazionalizzazione diretta o indiretta. Lo si capisce dalla linea che sta seguendo sulla banda larga con Vittorio Colao il quale si è anche di recente schierato contro i monopoli pubblici o privati. E vorrebbe affrontare la patata bollente dell’Alitalia in modo meno parrocchiale e assistenziale guardando a un partner europeo (sia esso Air France o Lufthansa). Anche qui le lagne sovraniste sugli aiuti di stato negati a Roma e concessi a Parigi sono fuori luogo, perché l’Air France nel 2019, prima della pandemia, non era in bancarotta a differenza dall’Alitalia.
L’operazione Florentino, naturalmente, va vista con attenzione. Ha i soldi per comprare? Non ancora, ma sta vendendo alla francese Vinci attività industriali nel campo energetico e conta di ricavarne 4,9 miliardi di euro. Per ottenere il controllo della nuova società autostradale Pérez potrebbe comprare il 44% di Aspi sborsando circa 4,5 miliardi. La seconda questione riguarda i debiti. Atlantia ha un fardello di 39 miliardi di euro e 23,8 miliardi vengono proprio dalla Spagna. Le autostrade dell’Europa nascerebbero con una pesante zavorra (ma questo vale anche per la Cdp). Poi c’è il piano industriale già presentato che prevede investimenti massicci per mettere una pezza sul passato e preparare il futuro: 6,1 miliardi entro il 2024 (+110%) dei quali 2,5 per la manutenzione (+60%). Che fine faranno? Come entreranno nel negoziato? Wait and see, con occhio vigile, ma per favore lasciamo stare le corride o gli appetiti nazionali e disinneschiamo al meglio per i contribuenti e gli automobilisti la mina piazzata dai populisti.