Oltre Galloni. Moda, auto e innovazioni. Gli altri italiani che pesano nel mondo
Gianotti al Cern, De Meo alla Renault, Maestri alla Apple, Greco a Zurich, Belloni a LVMH, Beccari in Dior. Come chiamarlo, Italian Dream?
John Elkann che conosce lo spirito dei tempi la voleva, così dicono, alla direzione della Repubblica, ma Alessandra Galloni ha preferito restare alla Reuters ed è stata premiata. E che premio. Per la prima volta in 176 anni la prestigiosissima agenzia di stampa (nata da un tedesco, diventata inglese, poi canadese con la Thomson e adesso controllata dal fondo americano Blackstone) ha nominato una donna direttore urbi et orbi e per la primissima volta si tratta di una italiana. Alessandra Galloni ha gestito a lungo la sede romana e adesso guiderà il numero uno dell’informazione economica con il 34% del mercato seguita da Bloomberg. Insomma, ha rotto il soffitto di cristallo e ha gettato alle ortiche i soliti vecchi cliché. E non è solo un effetto del fenomeno Draghi, cioè di un italiano (patriottico come si è definito egli stesso) considerato tra le personalità più rispettate e a quanto pare ascoltate dentro e fuori l’Europa. Infatti, molti italiani che troviamo in posizioni di vertice nel mondo hanno cominciato la loro scalata persino prima dello stesso Draghi.
Ha stupito tutti quando Time nel 2018 tra le 100 personalità più influenti ha inserito due italiani che non provengono né dall’arte né dalla moda né dal cibo, ma dal mondo della scienza. Si tratta dell’astrofisica Marica Branchesi che dal laboratorio del Gran Sasso ha ascoltato le onde gravitazionali e di Giuliano Testa, il chirurgo padovano che si è affermato al Baylor University Medical Center di Dallas, e ha realizzato il primo trapianto di utero negli Usa la cui ricevente ha dato alla luce un bambino. Un cervello in fuga che ha fatto ritorno vincendo il concorso per l’ospedale Cardarelli di Napoli dal luglio 2019. Tra gli scienziati un ruolo di primo piano spetta senza dubbio a Fabiola Gianotti che con la direzione del CERN di Ginevra svolge anche un ruolo manageriale.
Già, i manager; alle ortiche ogni stereotipo: sono italiani alcuni grandi capi, presidenti, direttori generali in grandi imprese e banche mondiali. Il milanese Luca De Meo, 54 anni, si è fatto le ossa alla Renault, all’Alfa Romeo e alla Lancia, nel gruppo Fiat è stato protagonista del rilancio con la Nuova Punto e la 500, ma si è sentito schiacciato da Sergio Marchionne e ha accettato le lusinghe della Volkswagen che lo ha mandato a riverniciare la consociata spagnola Seat. Adesso guida il colosso Renault-Nissan-Mitsubishi, terzo produttore al mondo, deciso a cancellare il ricordo ingombrante di Carlos Ghosn e a ribaltare la filosofia del gruppo. Una posizione chiave in un altro gigante mondiale, niente meno che la Apple, è occupata da Luca Maestri, direttore finanziario dal 2014, nato a Roma nel 1963, uno dei manager più pagati al mondo e anche uno dei più efficienti a giudicare dal bilancio della creatura di Steve Jobs (gestisce una impresa il cui valore di borsa supera i 2 mila miliardi dollari più del pil annuo dell’Italia). Nella finanza c’è un gene italico, la storia lo dimostra, genovesi, fiorentini, lombardi e non solo. Il napoletano Mario Greco è al comando di Zurich la compagnia svizzera numero 4 in Europa. Anche lui un McKinsey boy della generazione di Corrado Passera e Alessandro Profumo, entrato nell’universo esoterico delle grandi assicurazioni europee: Ras Allianz, Zurich, le Generali che guida dal 2012 al 2016 quando all’improvviso dichiara di non volere altri mandati e torna a Zurigo come numero uno. E ancora: Lorenzo Bini Smaghi presiede la francese Société Générale, Vittorio Grilli ha in mano le operazioni europee della JPMorgan, Domenico Siniscalco è alla Morgan Stanley. Dunque, siamo al top. Un paese di banchieri e navigatori perché non si può certo dimenticare la MSC fondata dal sorrentino Gianluigi Aponte che ancor oggi ha saldamente in mano il timone sia pur dalle sponde del lago di Ginevra: è tra le prime nei trasporto merci e nelle crociere.
LVMH, leader mondiale del lusso, è saldamente nelle mani del fondatore il francese Bernard Arnault e del direttore generale l’italiano Antonio Belloni, numero due a tutti gli effetti. Non è uno stilista anche se non gli manca certo lo stile: laureato all’Università di Pavia, si è specializzato all’Eni e poi dal 1978 ha salito tutti i gradini alla Procter & Gamble fino a diventare primo in Europa. Nel 2001 Arnault gli propone di dirigere LVMH, entrando anche nel consiglio di amministrazione e diventando presidente del comitato esecutivo. Nella conglomerata della società opulenta, Pietro Beccari guida la capogruppo della moda, la Christian Dior il cui rilancio creativo nel 2016 è stato affidato a Maria Grazia Chiuri .“Una italiana sul trono di Francia”, scrissero i giornali transalpini rievocando le Medici (Caterina e Maria). Nemmeno Beccari, parmense, ha cominciato dalla moda, prima alla Benckiser poi alla Parmalat negli Usa e alla Henkel in Germania; nel 2006 entra alla Vuitton e da lì passando per Fendi arriva in cima alla maison per antonomasia. Al contrario, Marco Gobbetti diventa amministratore delegato della Burberry in cerca di un nuovo riposizionamento (la Old Britannia non tira più nemmeno tra i giovani britannici) dopo una intera carriera in case prestigiose come Bottega Veneta, Moschino, Celine, Givenchy da dove porta con sé il direttore creativo Riccardo Tisci considerato uno dei migliori disegnatori di moda al mondo. Nato in provincia di Taranto orfano di padre quando era ancora un bambino, si trasferisce con la madre e gli otto fratelli in provincia di Como. Da lì a 17 anni nel 1991 parte per Londra e comincia una nuova vita.
Non vogliamo fare certo gli snob ignorando le stelle a tre stelle, cioè i grandi chef tra i quali spiccano molti italiani. Anche se il nostro filo conduttore tocca soprattutto chi guida aziende di una certa taglia, come dimenticare che è stato nominato campione dei fornelli di Francia il romano Giovanni Passerini specializzato in trippa, gnocchi e ravioli a Parigi, mentre uno dei locali più cool di Londra è L’Anima di Francesco Mazzei che ha cominciato da ragazzo facendo gelati in Calabria per comprarsi un paio di jeans Levi’s. Come chiamarlo, Italian Dream?