Contro Piketty. L'effetto Nimby alla base delle diseguaglianze
Non sarebbe il capitalismo, ma il progressivo aumento del valore della terra - derivato dal "non nel mio cortile" - a determinare la crescita delle diseguaglianze nelle economie più sviluppate
La crescente ineguaglianza è colpa della Sindrome Nimby. Not in my backyard, non nel mio cortile: il fenomeno delle comunità locali, o di minoranze di attivisti particolarmente agguerriti, che si oppongono a ogni tipo di opera pubblica. No Tav, No Tap, ma anche no inceneritori, no discariche, no centrali, no strade. Alla fine, no tutto.
Lo ha ripetuto ora Tyler Cowen, popolare blogger e editorialista del New York Times con cattedra di Economia alla George Mason University, ripetendo peraltro che si tratta di un filone di studi che è iniziato almeno nel 2014. L’anno in cui “Il capitale del XXI secolo” di Thomas Piketty divenne un caso editoriale in seguito all’uscita dell’edizione in inglese. La formula di Piketty è r>g: il rendimento del capitale nel lungo periodo cresce più del reddito. Da cui il consiglio di correggere questa tendenza alla crescente ineguaglianza a colpi di tasse.
Tra i molti che hanno contestato Piketty, alcuni hanno contestato l’accuratezza dei dati. Altri hanno osservato che il reddito in sé indica poco, se non inquadrato assieme a altri indicatori come l’accesso al consumo, la longevità o l’accesso all’istruzione. Altri ancora ribattono che una effettiva crescita delle diseguaglianze nelle economie più sviluppate si verifica nel quadro di una riduzione complessiva delle diseguaglianze a livello globale.
Esponente della Scuola austriaca che si definisce “libertarian atipico” per la sua idea che bisogna accettare il ruolo dei governi, Cowen si è fatto intervistare da Yascha Mounk: politologo noto anche in Italia per il suo libro “Popolo vs democrazia”. Il populismo e la risposta difettosa dei governi alla pandemia erano i temi principali della conversazione, ma a un certo punto i due si sono messi a parlare di diseguaglianza. E Cowen ha insistito che il suo aumento è in realtà essenzialmente dovuto all’aumento del valore della terra derivato dall’effetto Nimby. Portato alle estreme conseguenze: “L’enorme aumento del valore delle proprietà in molti paesi occidentali deriva dalla grande difficoltà di costruire nuove abitazioni”.
“La terra vale molto di più a Londra e a San Francisco”, spiega anche Cowen. “Se si toglie quell’aumento del valore della terra, che ovviamente spetta solo ai proprietari terrieri, l’aumento della disuguaglianza di ricchezza sostanzialmente scompare”. E qui fa riferimento a Matt Rognlie: macroeconomista della Northwestern University, che nel 2016 quando era appena un 26enne laureato del Mit presentò al Brookings Papers on Economic Activity un articolo che fu considerato subito la confutazione definitiva di Piketty. Una sua prima osservazione era che il tasso di rendimento del capitale probabilmente diminuisce nel lungo periodo, piuttosto che rimanere alto come suggerisce Piketty, a causa della legge dei rendimenti marginali decrescenti, dal momento che le moderne forme di capitale, come il software, si svalutano più rapidamente rispetto alle apparecchiature in passato. La seconda è che Piketty avrebbe sovrastimato quanto alto sarà probabilmente il rendimento della ricchezza in futuro, ad esempio per la crescente difficoltà a sostituire robot con i lavoratori. Ma, soprattutto, ha costruito un grafico da cui risulta che il rendimento della ricchezza non abitativa è rimasto notevolmente stabile dal 1970. Al contrario, l’aumento dei prezzi delle case è quasi interamente responsabile della crescita dei rendimenti del capitale. E questo aumento dipende appunto da regolazioni edilizie che per via delle proteste Nimby tendono a essere sempre più restrittive.
Dunque, non è il capitalismo in sé, ma una delle forme più radicali di anticapitalismo a far crescere le diseguaglianze. Una osservazione che torna di attualità nel momento in cui Biden e altri governanti lanciano investimenti massicci per rilanciare l’economia azzoppata dal Covid soprattutto a colpi di infrastrutture. E se la sindrome Nimby si scatena anche contro la ricostruzione post Covid?