appunti sul darp
Come il pnrr tedesco prevede di cambiare il mondo del lavoro
“L'occupazione veramente aggiuntiva si verifica solo se aumenta anche la forza lavoro”. Differenze tra Germania e Italia
Il piano punta a creare 230 mila nuovi lavoratori per il 2040, altri non se ne trovano, ma l'impiego può essere riformato con transizione verde e digitalizzazione. Intervista a Marius Clemens dell'Istituto tedesco per la ricerca economia (Diw)
“Sarà interessante confrontare gli studi analoghi di altri paesi e metterli uno accanto all’altro: sono convinto che la crescita economica in ogni singolo paese europeo provocherà effetti positivi in quelli vicini. E viceversa". È ottimista Marius Clemens nel commentare il Darp, sigla che indica il Piano tedesco di ricostruzione e resilienza. Assieme ad altri ricercatori del Diw, l'Istituto tedesco per la ricerca economica di Berlino, Clemens ha analizzato il Darp licenziato lo scorso 27 aprile dal quarto governo di Angela Merkel. L'analisi riguarda l'attesa crescita del pil e dell'occupazione solo in Germania ma è evidente che quando ogni singola carrozza va avanti, soprattutto la locomotiva, tutto il resto del treno si muove. Il suo commento riflette anche lo spirito europeo alla base del piano: era stato il ministro federale delle Finanze, il socialdemocratico Olaf Scholz, a presentare il piano a Bruxelles in tandem con l’omologo francese Bruno Le Maire intento a fare lo stesso con il piano di Parigi.
A dispetto della vicinanza geografica e della grande integrazione economica soprattutto fra il sud tedesco e il nord italiano, Roma e Berlino non potrebbero apparire più diverse quando osservate attraverso il prisma dei piani di resilienza. La “ricostruzione” della Repubblica federale nel post-pandemia passa da un piano da 27 miliardi di euro, poco più di un decimo dei 248 miliardi del pnrr italiano. In Germania, 11 miliardi e mezzo (ossia il 40% del Darp) sono dedicati alla protezione del clima e alla transizione energetica. Due voci, secondo il Diw che ha studiato il Darp su richiesta del ministero delle Finanze, suscettibili di creare il maggior numero di posti di lavoro. Mettere l’accento sulle energie rinnovabili con la costruzione di nuovi impianti, sostenere l’industria dei mezzi di trasporto elettrici e incentivare l’edilizia verde richiedono nuovi macchinari e servizi aggiuntivi che oggi non esistono con effetti positivi per il mercato del lavoro.
Allo stesso tempo, riprende Clemens, gran parte dei fondi è investita per digitalizzare un paese con molte infrastrutture “analogiche”: dal sistema ferroviario ai nuovi impianti nell’automotive; dalla scuola a un sistema sanitario pubblico. Anche il processo di digitalizzazione richiederà nuovi lavoratori, soprattutto informatici e sviluppatori. Tuttavia, prosegue il ricercatore, “alla fine del processo, la digitalizzazione è destinata a far crescere l’efficienza del lavoro, il che significa che serviranno meno occupati per la stessa attività”. Il bilancio occupazionale di questa voce è comunque positivo “ma in maniera meno evidente rispetto al capitolo verde, più bisognoso di manodopera per la costruzione di nuovi impianti”.
Da qui al 2040 il Diw profetizza la creazione di 230 mila nuovi posti di lavoro, con una tappa a 180 mila nel 2030. Numero che valgono mezzo punto percentuale del tasso di disoccupazione. Calato in maniera costante dal 6,9 per cento nel 2013 al 5 nel 2019, il tasso dei senza lavoro in Germania è risalito al 5,9 per cento nel 2020, l’anno del coronavirus. A Clemens domandiamo se grazie al Darp la Germania potrebbe fare anche meglio in termine di nuovi occupati. La risposta è tecnica ma chiarissima: “In totale, l'effetto sull'occupazione è smorzato dal vincolo dell'offerta di lavoro”. In un paese demograficamente “stagionato” come la Germania, con tassi di partecipazione delle donne al mondo del lavoro che convergono con quelli maschili e un’immigrazione che non fa la differenza, “l'occupazione veramente aggiuntiva, ossia che non si limita a sostituire un lavoratore vecchio con uno nuovo, si verifica solo se aumenta anche la forza lavoro”.