Italia, occhio al debito
“L’inflazione non è morta e attenzione ai rischi di un elevato debito”. Parla Claudio Borio (Bri)
La Banca dei regolamenti internazionali di Basilea (Bri) è un istituto tanto autorevole quanto misterioso. Già la sua definizione di “Banca centrale delle banche centrali” sembra custodire un segreto. Nata per risolvere la questione delle riparazioni di guerra tedesche da un’idea di Siegmund Warburg, nella sua secolare vita la Bri ha svolto in religiosa riservatezza delicate funzioni. Durante i lunghi anni della Cold War per esempio è stata l’unico canale di comunicazione finanziaria tra l’ovest e l’est del mondo in un momento in cui i due emisferi non si parlavano. Nel 2007 ha anticipato la crisi che da lì a un anno avrebbe messo al tappeto l’Europa e gli Stati Uniti. Oggi le sue analisi economiche sono lette scrupolosamente da operatori e policy maker alla ricerca di messaggi criptati. Dopo il recente sbandamento dei mercati globali seguito alla fiammata dei prezzi al consumo statunitensi e all’aumento dei rendimenti dei bond europei e americani, Btp compresi, Claudio Borio, il capo economista italiano della Bri, mette in guardia: “Attenti, l’inflazione non è morta”. Nei giorni scorsi il Financial Times ha registrato un crescente nervosismo tra gli operatori, che Borio conferma. E’ un nervosismo che si può capire. La stagnazione dei prezzi e i bassi tassi d’interesse infatti sono la piattaforma sulla quale si basa la strategia di politica economica dei governi al di qua e al di là dell’Atlantico. Senza di essi non si potrebbe più largheggiare con i deficit pubblici e l’accomodamento monetario. Si entrerebbe in un nuovo paradigma. E qualcuno perderebbe una montagna di soldi. Mentre qualche paese, tra cui l’Italia, entrerebbe in difficoltà.
In questo colloquio con il Foglio, Borio mostra cautela e come molti banchieri centrali ritiene che “con ogni probabilità l’aumento di aprile e gli altri che a breve forse seguiranno sono destinati a restare un fenomeno transitorio dovuto agli effetti del forte rialzo delle materie prime e del rimbalzo post Covid”. E tuttavia l’economista sottolinea anche che “tutto ciò sta mettendo alla prova il sistema”. Se è vero infatti che nel breve termine sono ancora all’opera la globalizzazione e la tecnologia, ovvero “le forze secolari che frenano l’inflazione”, a medio termine ci sono altre considerazioni da fare, dove per medio termine non si deve intendere un tempo storico ma quello necessario al maturare delle condizioni per un cambiamento: “Quanto si potrà andare avanti – ragiona Borio – con gli attuali stimoli fiscali e i correnti livelli del rapporto tra debito e pil? I tassi nominali sono a livelli mai visti a memoria d’uomo e quelli reali non sono mai stati negativi così a lungo. Il costo del servizio del debito non è mai stato così basso, anche se il rapporto debito-pil ha raggiunto vette record come durante la Seconda guerra mondiale. Non è prudente né desiderabile pensare che i tassi possano rimanere invariati. Prima o poi saliranno. Noi vorremmo che l’economia globale fosse messa in grado di crescere con tassi reali positivi”.
Un’affermazione, questa, che è molto vicina a chiamare una correzione dell’attuale mix di politica economica. L’ottica della Bri, di cui Borio è il cervello pensante, è a largo raggio. Guarda alle “forze tettoniche che si muovono sotto la superficie dell’economia globale”. E vi intravede a termine un “rischio politico”, ovvero quello di “un cambiamento in profondità dell’assetto attuale verso un nuovo assetto caratterizzato da deglobalizzazione, aumento dell’intervento dello stato nell’economia, repressione finanziaria, instaurazione di un clima ostile al mercato”. E’ uno scenario che ricorda gli anni Settanta con la rincorsa prezzi salari e l’inflazione al 20 per cento. E’ un tempo vicino o lontano? “Se ne vede qua e là qualche cenno”.
Se gli si chiede infine cosa pensa dell’opinione oggi diffusa secondo la quale quello che conta non è il livello del debito ma la sua sostenibilità, Borio è lapidario e senza fare nomi e cognomi dice: “Anche il livello conta. Più alto è il debito più si è esposti ai rischi di uno shock”. Chi deve intendere intenda.