la retromarcia di chigi
Blocco dei licenziamenti, salta la proroga per chi non usa la cassa integrazione
Sul lavoro interviene Palazzo Chigi. Per edilizia e industria il 30 giugno cessa il divieto introdotto più di un anno fa. Resta l'incentivo di Orlando: ammortizzatori sociali gratuiti in cambio dell'impegno a non licenziare nessun dipendente
La "manina” questa volta è quella di Palazzo Chigi: il blocco dei licenziamenti cesserà dal 30 giugno per tutte le aziende della manifattura e dell’edilizia che non fanno ricorso all’uso di ammortizzatori sociali. Resta fissato al 31 ottobre per tutte le altre. Questo vuol dire che dal primo luglio industria e costruzioni potranno scegliere se usufruire della cassa integrazione senza pagare addizionali fino a fine anno, impegnandosi a non licenziare, oppure non chiedere più la cassa ed essere libere di licenziare eventuali lavoratori in esubero.
Dopo un “riesame tecnico”, mosso dalle polemiche del fine settimana tra Confindustria e l'esecutivo, il premier Mario Draghi e il suo staff hanno deciso di modificare la norma introdotta nel decreto Sostegni bis dal ministro del Lavoro Andrea Orlando, che prevedeva una proroga del divieto di licenziare fino al 28 agosto per le aziende che avessero chiesto la cassa integrazione Covid entro la fine di giugno. Una decisione contro cui gli industriali hanno subito sollevato gli scudi. Giorni di tensioni e polemiche intorno a via Veneto hanno scavato un fossato tra il Pd di Orlando e la Lega della sottosegretaria Tiziana Nisini, finché a ricucire il tutto non ci ha pensato la presidenza del Consiglio. Anche perché, a schierarsi da una parte e dell'altra sono arrivati anche il M5s, con il ministro Stefano Patuanelli che ha preso le difese di Orlando, e Forza Italia, con Antonio Tajani a sostegno dello sblocco. Ed è certo un ruolo scomodo, quello del ministro del Lavoro, che ha in mano un dossier delicatissimo ed è stretto tra due fuochi: Confindustria, che dalle colonne del Sole 24 Ore di domenica lo ha accusato di aver teso un’“imboscata”, presentando la misura senza condividerla, e i sindacati. L’ultimo commento è di Maurizio Landini, questa mattina a Radio 1: “Il messaggio che viene dato, ascoltando un po' troppo Confindustria, è che i problemi si risolverebbero con la libertà di licenziare. Credo che sia un messaggio sbagliato. Noi continueremo a chiedere che ci sia una proroga del blocco dei licenziamenti”, ha detto il segretario della Cgil, “la partita non è chiusa”.
Alla fine, il compromesso raggiunto – in linea con tutti gli altri paesi europei che da sempre hanno preso questa strada, sottolineano da Palazzo Chigi – consente a chi non usa più la cassa Covid nel settore dell’industria e delle costruzioni di tornare a licenziare dal primo luglio. Le imprese che invece utilizzeranno il fondo di integrazione salariale, la cassa integrazione ordinaria o quella straordinaria dovranno impegnarsi a non licenziare durante il periodo in cui ne usufruiscono, in cambio non pagheranno addizionali fino alla fine dell’anno. Un’agevolazione, questa, voluta da Orlando e mantenuta anche in questa versione limata, che ha l’obiettivo di sostenere un’uscita graduale dal divieto di licenziare, in vigore ormai da più di un anno. Secondo le prime stime, riportate questa mattina dal Sole 24 ore, il costo di questa misura sarebbe di circa 165 milioni di euro, con una platea potenziale di circa 380mila lavoratori beneficiari.
Per tutte le altre aziende al di fuori del perimetro della manifattura e dell’industria, sia che usino la cig sia che non la usino, il divieto totale di licenziamento vale fino a fine ottobre, mentre fino a fine anno resta a carico dello stato il costo della cassa integrazione.
Su tutti gli altri punti il pacchetto Orlando resta valido così come presentato durante la conferenza stampa di giovedì scorso. Dai contratti di solidarietà per le imprese che registrano un calo di fatturato del 50 per cento all’estensione del contratto d’espansione per quelle con almeno 100 dipendenti, dallo sgravio contributivo per il turismo e il commercio alla proroga del reddito di emergenza per altre quattro mensilità e della Naspi, il cui importo non andrà a ridursi dopo il quarto mese. Misure che nel complesso valgono circa 4 miliardi.
Sciolto il nodo licenziamenti, ora il decreto è pronto per la firma del presidente della Repubblica. Resta però aperto il cantiere sulla riforma degli ammortizzatori sociale e sulle politiche attive del lavoro, un pacchetto di misure necessarie e complementari a quelle contenute in quest'ultimo provvedimento dedicato ai sostegni, senza cui lo sblocco dei licenziamenti rischia di essere un salto nel vuoto.