Urbano Cairo (Ansa)

La partita dell'editore

Cairo e l'altra battaglia di Solferino

Stefano Cingolani

Che cosa potrebbe accadere se la Consob chiedesse a Rcs uno sforzo contabile in vista della causa con Blackstone? Cordate in movimento, avvocati in subbuglio, il ruolo di garante di Intesa 

Tra via Solferino sede del Corriere della Sera e via Broletto dove la Consob, la Commissione per le società e la Borsa, ha gli uffici milanesi, ci sono appena tre chilometri che possono trasformarsi in un percorso a ostacoli, con eventuali conseguenze anche sulla proprietà della Rcs. A Milano le voci sembrano venticelli, ma sono temporali, e già circolano cordate in formazione con l’obiettivo di mettere in sicurezza il primo gruppo editoriale italiano e il principale quotidiano dell’establishment, nel caso in cui gli equilibri attuali vacillassero. Tutta colpa del collegio arbitrale di Milano che il 14 maggio, a due anni dall’avvio del lodo arbitrale, ha dato torto a Urbano Cairo, l’editore proprietario della Rcs con il 65 per cento dei diritti di voto, che aveva avanzato richieste risarcitorie al fondo americano Blackstone per la vendita del complesso immobiliare che ospita il Corriere della Sera, l’elegante palazzo realizzato nel 1904 da Luca Beltrami, archistar della Belle Epoque. Secondo Cairo la cessione per 120 milioni di euro, decisa dagli azionisti guidati da Mediobanca, era chiaramente una svendita visto che poi lo stesso Blackstone intendeva girare l’intero stabile ad Allianz per 250 milioni. L’editore si ritiene danneggiato, ma la pensa allo stesso modo Blackstone perché nel frattempo è sfumato l’affare con la compagnia assicurativa tedesca.

 

Il fondo adesso chiede un risarcimento di 600 milioni. Fine della partita? Nient’affatto, ora si sposta a New York, alla Corte suprema dello stato dove i relativi procedimenti erano stati sospesi. Cairo non molla: pur non condividendo il giudizio dei due arbitri sottolinea che “anche dalle motivazioni del lodo non emerge alcuna scorrettezza o mala fede di Rcs”. Per questo è convinto che la sua posizione sia solida. La parola ai giudici, ma allora che c’entra la Consob?

 

La commissione presieduta da Paolo Savona si è chiesta come mai non sia stata accantonata nel bilancio della Rcs una cifra adeguata a compensare eventuali sentenze negative. Una prudenza finanziaria quanto mai opportuna perché l’editore ha ottenuto la manleva, cioè eventuali penali sarebbero a carico della stessa Rcs. Blackstone forse l’ha sparata grossa tanto è vero che ha fatto filtrare una via uscita: ricomprarsi lo stabile a 250 milioni tanto quanto aveva offerto Allianz. Che cosa potrebbe accadere se la Consob chiedesse di accantonare una cifra del genere mentre Rcs vale in Borsa poco più che 400 milioni di euro? È la domanda che alimenta le voci.

 

Si diceva che Intesa Sanpaolo, la quale aveva garantito l’acquisizione della Rcs da parte di Cairo, fosse preoccupata per il suo investimento. In realtà l’editore in questi anni ha restituito praticamente tutto e tagliato i debiti della Rcs. Tuttavia la banca si sente investita da una sorta di mandato morale legato alla sua storia e a quella del suo fondatore Giovanni Bazoli garante della stabilità e dell’equilibrio sia proprietario sia editoriale del Corsera. Si racconta di quando nel gennaio del 2003, sul letto di morte, Gianni Agnelli avrebbe raccomandato il giornale al banchiere: “Bazoli, lo metto nelle sue mani”, avrebbe detto. Ma c’è di più. Nella proprietà del gruppo editoriale continua a essere presente Mediobanca, sia pur in minoranza con quasi il 10 per cento. Una nuova battaglia di via Solferino avrebbe una reazione a catena sugli equilibri della grande finanza oltre che dell’editoria italiana. La posizione di Cairo è solida dentro la Rcs ed è stato scritto (finora mai smentito) che potrebbe chiedere aiuto all’amico Leonardo Del Vecchio con cui tra l’altro condivide l’avvocato Sergio Erede che sta gestendo l’azione giudiziaria contro Blackstone, e alla Unicredit, della quale il patron di Luxottica è azionista e soprattutto cliente eccellente. 

 

Ecco, dunque, che spuntano le cordate e si parla di coalizioni di volenterosi, con alle spalle le banche di sistema. Circola tra l’altro il nome della famiglia Rotelli. Giuseppe l’imprenditore milanese della sanità con il gruppo San Donato, era diventato azionista numero uno del Corsera con il 16 per cento. Dopo la sua morte nel 2013 sono eredi universali i giovani figli Paolo, Marco e Giulia. Nel 2019 è stato nominato presidente l’ex ministro Angelino Alfano mentre in consiglio è entrato Federico Ghizzoni già amministratore delegato di Unicredit. La pandemia ha avuto effetti pesanti: secondo la Repubblica avrebbe perso 50 milioni di euro nonostante i ristori. La holding Papiniano S.p.A. che nel 2020 aveva in cassa 140 milioni, dovrà tappare il buco. C’è da chiedersi se è il momento giusto per riprendere avventure editoriali. Ma prima aspettiamo la Consob.

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