Il caso
Perché i sostegni alle imprese sono in avanzo?
Assegnati 7 miliardi su 11 di aiuti alle aziende. Il motivo è una gran finestra sull’Italia
Era stato il primo intervento d’emergenza del governo Draghi: 32 miliardi di euro, 11 dei quali destinati alle imprese. “Il nostro obiettivo è distribuire più soldi e più velocemente possibile – aveva annunciato in quel 19 marzo il presidente del consiglio –. Ci sarà una piattaforma per effettuare i pagamenti che inizieranno l’8 aprile: se tutto andrà come previsto, 11 miliardi entreranno nell’economia nel mese di aprile”. Tutto però non è andato esattamente come previsto: di quegli 11 miliardi ne risultano assegnati soltanto 7, e già si parla di un “tesoretto” di 4 miliardi sul quale ha messo gli occhi il Parlamento che sta discutendo il decreto “Sostegni bis” varato dal governo il 25 maggio (un pacchetto di risorse pari a 40 miliardi di euro), per il quale sono stati depositati tremila emendamenti che dovrebbero scendere a quattrocento. Come saranno utilizzati i fondi risparmiati? Ma, prima ancora, perché non sono stati distribuiti?
La risposta questa volta non s’annida nei ritardi dello stato, nell’inefficienza della Pubblica amministrazione, nella farraginosa macchina politico-burocratica. No, il problema è che sono arrivate meno richieste del previsto. Lo ha rivelato lo stesso ministro dell’economia Daniele Franco nella audizione alla Camera. Gli aiuti principali, quelli a fondo perduto legati al calo di fatturato fra 2019 e 2020, avevano una dotazione di 8 miliardi di euro, sono stati erogati 6 miliardi. Le domande trasmesse sono state due milioni rispetto ai tre milioni previsti. Così, proprio mentre l’Agenzia delle entrate ha dato il via mercoledì scorso ai bonifici automatici per imprese e professionisti, previsti dal decreto Sostegni bis, in Parlamento e nel governo si discute come riallocare i fondi extra. Secondo alcune stime, “la benzina per gli interventi parlamentari supera i 6 miliardi di euro”, ha scritto Il Sole 24 Ore.
Un’ipotesi è far salire la soglia di ricavi o compensi per accedere al fondo perduto a 15 milioni di euro rispetto ai 10 milioni attuali. Sarà più chiaro nei prossimi giorni quale strada verrà imboccata. Resta irrisolto il rebus su quel milione di domande che avrebbero dovuto essere presentate. Le stime forse erano eccessive? Oppure alla resa dei conti il calo del fatturato è stato inferiore al previsto? Molti avevano avvertito che far partire il calcolo dal primo gennaio 2020 sarebbe stato deviante, visto che il lockdown è stato deciso a marzo. Il decreto Sostegni bis corregge questo limite, infatti conterà il fatturato di dodici mesi dal primo aprile 2020 al 31 marzo 2021, il che fotografa in modo più accurato il vero andamento delle imprese. E’ una spiegazione piena di senso, dunque, ma non l’unica.
C’è l’occhiuto ruolo dell’Agenzia delle entrate sui dati fiscali e sul fatturato effettivo (i rimborsi sono progressivi in base alla quota di prodotto perduto) il che richiede una contabilità corretta e puntuale. Non è affatto da escludere che molte imprese e, ancor più, liberi professionisti abbiano scelto di restare in una zona grigia, pur senza tuffarsi nel buio del nel sommerso. Per analizzare le vere ragioni ci sarà bisogno di avere più dati. Ma il “tesoretto” sorprende soprattutto ricordando i tamburi di guerra, le rumorose proteste, i gridi di dolore e i vocianti lamenti dei tribuni del popolo dolente. Non sappiamo la distribuzione per settori e categorie di quel milione di domande fantasma, certo abbiamo visto in piazza commercianti, albergatori, negozianti disperati, abbiamo davanti agli occhi la giovane ristoratrice romana inginocchiata di fronte alle telecamere compiaciute, le manifestazioni al Circo Massimo, i petardi contro Montecitorio, il blocco delle autostrade.
Da mercoledì prossimo sarà possibile fare domanda per il contributo a fondo perduto riconosciuto come integrazione. Secondo le proiezioni dell’Agenzia delle entrate, ne avrebbero diritto circa 280 mila partite Iva, mentre 360 mila potranno accedere al contributo per la prima volta con coefficienti di calcolo più elevati. Il terzo filone partirà in estate sempre a favore delle partite Iva che nell’insieme dovrebbero ottenere altri 11,1 miliardi di euro. Le imprese che hanno già incassato i ristori riceveranno un conguaglio automatico, per quelle che non hanno ancora avuto nulla, la novità riguarda il parametro di riferimento: non più il fatturato, ma il risultato economico, subordinato alla presentazione della dichiarazione dei redditi entro il 10 settembre 2021. Un criterio “più giusto”, lo ha definito Draghi, ma più lento. Occorrono i bilanci definitivi. E già si levano alti lai.