Tridico contro Tridico su Quota 100
Il presidente dell'Inps smentisce la sua stessa propaganda: Quota 100 è andata prevalentemente a uomini, dipendenti pubblici e con redditi medio-alti. E non ha creato posti di lavoro per i giovani. Il contrario di ciò che diceva
Il presidente Pasquale Tridico smentisce il professor Pasquale Tridico. O viceversa. In ogni caso l’uno dice all’altro, ovvero a sé stesso, che Quota 100 è stata un fallimento. “Dall’analisi del take-up di Quota 100 – ha detto il presidente dell’Inps leggendo la sua relazione annuale – emerge che la misura è stata utilizzata prevalentemente da uomini, con redditi medio-alti e con una incidenza percentuale maggiore nel settore pubblico. Se ci si limita invece ai dipendenti del settore privato, oltre al genere e al reddito, assume un ruolo chiave anche la salute negli ultimi anni di carriera. Rispetto agli impatti occupazionali attraverso la sostituzione dei pensionati in Quota 100 con lavoratori giovani, un’analisi condotta su dati di impresa non mostra evidenza chiara di uno stimolo a maggiori assunzioni derivante dall’anticipo pensionistico”.
In pratica, come previsto da qualsiasi economista serio quando il primo governo Conte varava la sua “manovra del popolo”, Quota 100 non era una misura per andare incontro alle classi più svantaggiate, ma un costoso regalo a una fascia di popolazione che non aveva particolari disagi. L’identikit era, prevalentemente, quello di un uomo del nord, dipendente pubblico e con un reddito medio-alto. Inoltre, non avrebbe avvantaggiato i giovani attraverso un mitologico “turnover” (i ministri del Lavoro e dell’Interno Luigi Di Maio e Matteo Salvini parlavano addirittura di tre giovani assunti per ogni quotacentista in pensione) perché avremmo semplicemente avuto più pensioni da pagare (ovviamente a carico proprio dei più giovani).
La misura, definita sperimentale e triennale, ha consentito nel biennio 2019-2020 il prepensionamento di 180 mila uomini e 73 mila donne. Le donne, come previsto, sono nettamente meno degli uomini ma, anche in questo caso, chi ha usufruito di Quota 100 non era particolarmente bisognoso di un regalo: “Se ci si limita ai soggetti di sesso femminile – c’è scritto nel rapporto annuale dell’Inps – emerge che aderiscono al provvedimento anche donne con redditi molto elevati”. Quanto alla tanto propagandata “staffetta generazionale”, il rapporto Inps va più a fondo rispetto alle parole di Tridico e dice che “Con l’avvio di Quota 100, il saldo cumulato assunzioni-cessazioni sembra attestarsi su un trend non crescente”. E ciò vuol dire che questa tendenza “porta a non escludere del tutto che Quota 100 abbia indotto alcuni effetti di turn over, seppur poco significativi”.
Insomma, presumibilmente nessun effetto positivo sull’occupazione e, se c’è stato, del tutto marginale. Ma un grafico mostrato dall’Inps, dice ancora di più. La linea del saldo assunzioni-cessazioni era positiva e crescente negli anni precedenti, plausibilmente per effetto dei nuovi contratti di lavoro indotti dalle decontribuzioni per i giovani. Ma poi, con l’avvio di Quota 100 quel trend si stabilizza e a crescere non sono più i nuovi contratti ma i pensionati. La morale è semplice e anche abbastanza elementare: per far aumentare l’occupazione giovanile bisogna ridurre le tasse sul lavoro e non regalare generose pensioni anticipate a chi lavora (anche perché questo poi, nel lungo termine, si traduce in un aumento dei contributi o delle tasse a carico di chi lavora).
Ora l’Inps dice l’ovvio. Ma il suo presidente affermava il contrario. Tridico, prima da fantaministro del M5s e poi da consigliere di Di Maio, ha voluto Quota 100 e materialmente contribuito alla stesura del decreto, promettendo una sostituzione giovani-anziani che non c’è stata. Le promesse erano talmente assurde che ora è costretto a smentirsi pubblicamente. Che è una cosa molto imbarazzante, ma lo si fa con una certa leggerezza in un paese in cui nessuno ne chiede conto.