Sulle pensioni avanza un pericoloso asse tra Salvini e Landini

Luciano Capone

Quota 100 è un costoso disastro che scade a fine anno, ma per il futuro la strana alleanza Lega-sindacati propone la molto più onerosa Quota 41. Toccherà a Draghi riportare il sistema sul binario della riforma Fornero

La nomina di Elsa Fornero come come consulente di Palazzo Chigi per le politiche economiche ha fatto improvvisamente tornare a parlare di pensioni (anche se la professoressa non si occuperà di previdenza). E’ un bene, dato che sul tema nel dibattito pubblico c’è uno strano silenzio, nonostante sia noto che a fine anno termina Quota 100 e incombe il cosiddetto “scalone” prodotto proprio dalla nefasta controriforma temporanea introdotta dal governo Conte. Cosa farà il governo? 

 

L’opinione sul tema del premier è nota. Da presidente in pectore della Bce, nella famosa lettera scritta con Jean-Claude Trichet, Mario Draghi anticipò il contenuto della riforma Fornero chiedendo al fragile governo Berlusconi un intervento per rendere più rigorosi i criteri di accesso alla pensione. Ma ancora prima dell’esplosione della crisi del debito sovrano, Draghi aveva chiesto interventi per rendere sostenibile il sistema previdenziale. Ad esempio nel 2009, da governatore della Banca d’Italia, in una lezione in onore di Onorato Castellino (uno dei massimi studiosi del sistema pensionistico e maestro della Fornero), Draghi disse che in Italia la transizione al nuovo sistema contributivo era stata “estremamente lenta” e, pertanto, era “indispensabile un aumento significativo dell’età media effettiva di pensionamento” per ragioni di sostenibilità, di equità intergenerazionale e per aumentare il tasso di attività nell’economia. Insomma, ciò che il paese è stato poi costretto a fare due anni dopo, sotto i colpi della crisi, in fretta e in maniera drastica con la riforma Fornero.

 

Pertanto è da escludere che il governo si discosterà da questa impostazione, peraltro condivisa dalla Commissione europea, rinnovando Quota 100. Tanto più che i risultati dell’anticipo pensionistico fortemente voluto da Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono stati fallimentari, come d’altronde era ampiamente prevedibile. Ne ha dovuto prendere atto anche il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, grande sponsor della misura quando era consigliere di Di Maio durante il governo Conte. Dai dati presentati nell’ultimo rapporto annuale dell’Inps, emerge che “la misura è stata utilizzata prevalentemente da uomini, con redditi medio-alti e con una incidenza percentuale maggiore nel settore pubblico”.  Inoltre l’Inps ha certificato che non c’è stata la tanto sbandierata “staffetta generazionale” che avrebbe dovuto dare lavoro ai giovani.


Ma ovviamente i dati non basteranno a convincere i partiti e i sindacati che sono, nella larghissima maggioranza, favorevoli a nuove simil Quota 100. La linea più oltranzista è quella dell’ormai consolidata alleanza, almeno sul tema pensioni, Lega-sindacati: sia Salvini sia Landini (ma anche gli altri sindacalisti) vogliono un anticipo pensionistico con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’età. Una norma addirittura più onerosa di Quota 100 che secondo i calcoli dell’Inps avrebbe un costo annuo di 4,3 miliardi nel 2022 che salirebbe a 9,2 miliardi nel 2031.

 

E’ impossibile che Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco, anch’egli esperto degli equilibri della finanza pubblica, possano far passare una norma del genere, ma è semplicemente assurdo che venga presentata. Soprattutto da parte di organizzazioni che dicono di rappresentare i ceti produttivi. In una fase di ripresa sarebbe molto più utile impiegare le risorse per sostenere la crescita, per una riforma degli ammortizzatori sociali o per una riduzione delle tasse a lavoratori e imprese. Toccherà al governo farsi carico di questa scelta, visto che pressochè tutti i partiti sono tentati dal gettare un altro pacco di miliardi sulle pensioni. 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali