Contro i No vax sul lavoro alle imprese basta già il contratto collettivo
La legge già assegna oggi alla contrattazione collettiva la funzione di intervenire per definire anche l’obbligo di vaccinazione nei luoghi di lavoro
C’è un modo per prevedere il futuro anche con l’ausilio delle relazioni industriali? Sì, esiste un modo nella misura in cui si intenda per futuro la continuità operativa della produzione e dei servizi e, dunque, la continuità del lavoro pagato dal lavoro. Prevedere il futuro mediante le relazioni industriali significa mettere in atto una serie di atteggiamenti che hanno un certo impatto nei luoghi di lavoro. Cioè, anche gli attori sociali sono chiamati a fare “previsione” del futuro con la predisposizione di metodi per anticipare il rischio da contagio pandemico e dalla consequenziale crisi economica/occupazionale. A guardare meglio questi atteggiamenti potenziali degli attori sociali, si comprende che ci sono poche strade da percorrere oggi per un bene maggiore che si realizzerà domani. Tra queste c’è certamente quella dell’obbligo di vaccinazione imposto mediante contrattazione collettiva.
Andiamo con ordine. Le relazioni industriali debbono farsi vaccinare: si tratta di un gioco di parole che porta direttamente al nucleo centrale della mia idea secondo cui la legge già assegna oggi alla contrattazione collettiva la funzione di intervenire per definire anche l’obbligo di vaccinazione nei luoghi di lavoro. Non c’è bisogno di riforme o interventi legislativi. Si potrebbe costruire un’argomentazione molto complessa sul tema. Qui mi limito a indicare tre spunti per giustificare questa opzione teorica. Il primo spunto riguarda il fatto che la legislazione di emergenza del 2020 e del 2021 in materia di sicurezza sul lavoro ha consolidato il coordinamento tra fonti (norma di legge e norma di contratto collettivo) nella definizione di “tutte” le misure che possono essere adatte a mitigare il rischio di contagio nei luoghi di lavoro. La ricaduta pratica di questo aspetto riguarda il contratto collettivo, il quale attua una delega della legge. Con esso si è potuto fissare l’obbligo di indossare la mascherina per l’intero turno di lavoro o imporre il distanziamento fisico sulla catena di montaggio. Ci si deve domandare come sia altresì possibile introdurre con una norma di contratto il divieto di accesso agli ambienti di lavoro per chi abbia deciso di non farsi vaccinare, cioè indirettamente stabilire l’obbligo di vaccinazione anche per i lavoratori dissenzienti.
Il secondo spunto attiene alla materia dell’infortunio sul lavoro. Se il Covid-19 è assimilabile all’infortunio sul lavoro, allora il datore di lavoro deve poter intervenire in qualche modo sulla cosiddetta causa generatrice del potenziale rischio per ridurre la propria responsabilità per i danni arrecati ai lavoratori (cd. azione Inail di regresso). Il contratto collettivo (specialmente quello aziendale), incidendo sull’anticipazione del rischio da contagio, con l’imposizione di misure che determinano, direttamente o indirettamente, l’obbligo di vaccinazione, connota i presupposti dell’eventuale responsabilità datoriale per Covid-19. Si tratta, con altre parole, di una regolamentazione concertata dell’assetto probatorio relativo ai procedimenti di sicurezza aziendale.
Il terzo spunto è relativo alla condotta dei lavoratori che abbiano deciso di non farsi vaccinare. Al di là delle intuibili conseguenze sociali di tale scelta (ad esempio, il contagio dei colleghi più vulnerabili che non possono vaccinarsi per malattie pregresse o la chiusura dell’unità produttiva dove viene a verificarsi un focolaio, con successiva sospensione dei rapporti di lavoro), c’è un elemento giuridico che attiene alla connotazione che si può dare a tale scelta. Essa, in termini sintetici, è caratterizzata da una piena accettazione del rischio di contagio pandemico nel luogo di lavoro e, dunque, da dolo. Il dubbio sul rischio di contagio determinato dalla scelta di non farsi vaccinare non esclude il dolo. Dato l’attuale assetto normativo dell’infortunio sul lavoro causato dal medesimo lavoratore, ciò farebbe venir meno il diritto alla tutela previdenziale come in altre situazioni ove si è dolosamente causa del proprio infortunio. E anche qui ci sarebbe una funzione contrattuale importante: il contratto collettivo sarebbe chiamato a imporre il divieto di accesso ai luoghi di lavoro (obbligo indiretto di vaccinazione) e, contestualmente, a delimitare la mobilità del lavoratore che abbia deciso di non vaccinarsi ed eventualmente definire la variazione delle mansioni, sino a determinare la possibilità per un eventuale sospensione del rapporto di lavoro o per l’applicazione di sanzioni disciplinari.
Il futuro del lavoro dipende, dunque, dagli atteggiamenti concreti che si intendono porre in essere. Gli attori sociali comprendono pienamente ciò che è desiderabile adesso per un bene maggiore futuro. Chiedersi cosa fare contrattualmente qualora si verificasse un certo evento significa determinare ex ante un modo per delimitarne l’impatto negativo sulla collettività, rimuovere la causa generatrice del rischio e definire cosa sia davvero desiderabile al di là degli egoismi individuali. Covid-19 ci ha insegnato che l’egoismo è altresì virale e si vince solo con logiche di solidarietà collettiva.
*Università cattolica e Cnel