(foto Ansa)

Che fine ha fatto il risiko bancario

Mariarosaria Marchesano

Il test di Carige in Borsa è un termometro sui movimenti delle banche (pochissimi)

Banca Carige è tornata in Borsa ieri ma il titolo non è riuscito a fare prezzo dopo un anno e mezzo di sospensione dalle contrattazioni e un futuro incerto. E’ probabile che una quotazione di riferimento ci sia da oggi quando si capirà l’umore degli investitori nei confronti di una realtà che, controllata all’80 per cento dal Fondo interbancario per la tutela dei depositi, sta cercando una nuova strada per riscattarsi da un passato complicato. Il ritorno a Piazza Affari è importante perché la banca potrà sfruttare il mercato dei capitali per approvvigionarsi con strumenti di debito e poter così proseguire la sua attività, ma è irrilevante ai fini del futuro assetto azionario considerando che il Ftd sta trattando direttamente con potenziali acquirenti la graduale cessione della sua partecipazione. Chi siano e quali possibilità abbia effettivamente Carige di rilanciarsi nell’attuale panorama bancario è difficile dirlo. Anche perché, a ben guardare, il risiko ha perso vigore nelle ultime settimane e nessun istituto potenzialmente coinvolto in questo processo è arrivato a deliberare un’eventuale operazione a livello di cda nonostante sia ormai vicinissima la scadenza per l’utilizzo entro il 2021 di miliardi di incentivi fiscali.

Tutto è cominciato lo scorso anno di questi tempi quando si è fatta largo l’idea che dopo l’operazione Intesa-Ubi potesse iniziare una stagione di fusioni in grado di assorbire Montepaschi. Sembrava una panacea perché andava incontro all’esigenza di trovare una soluzione alla difficile privatizzazione della banca pubblica, senza incappare nel divieto degli aiuti di stato da parte dell’Unione europea, e contemporaneamente al bisogno che hanno alcune banche di rafforzarsi attraverso le aggregazioni. Il governo Conte aveva incoraggiato questa prospettiva dando la possibilità agli istituti di credito che avessero progetti di fusione di trasformare in capitale i crediti con l’erario (le Dta). Anche il governo Draghi ci ha creduto (e ci crede) come dimostra il fatto che ha tentato di ampliare la portata di tali incentivi, salvo poi rinunciarvi a causa della resistenza di alcune forze della maggioranza. Per mesi sono circolati dossier nelle banche d’affari che ipotizzavano le operazioni più svariate, compresa un’unione tra Unicredit e Mediobanca, e gli analisti delle case di brokeraggio hanno intensificato le scommesse sulla creazione di un polo del credito nel centro-nord Italia quando Unipol ha fatto uno scatto in avanti nella Banca popolare di Sondrio.  Sulla scia di questo entusiasmo, le quotazioni di Borsa delle banche sono salite vertiginosamente fino a fine giugno quando il mercato ha fiutato un raffreddamento e l’indice di settore a Piazza Affari ha perso il 4 per cento in poche settimane.

Ad oggi i fatti dicono che la leva delle Dta non è sufficiente a inclinare il piano del risiko bancario in Italia, a promuovere una stagione di aggregazioni che porti a un nuovo assetto in cui il bubbone Siena si possa diluire. Sicuramente ci sono banche che puntano ai benefici patrimoniali delle Dta, compresa Carige che ha almeno 350 milioni da usare per allettare potenziali acquirenti, e ci sta pensando anche Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, nel valutare l’acquisizione di un pezzo di Montepaschi o per un'unione con Banco Bpm. Ma come fanno osservare gli esperti del settore, le Dta sono importanti e però non risolutive perché quello che conta è che l’operazione porti un valore aggiunto, rafforzi il livello di redditività della banca acquirente. Insomma, ci vogliono operazioni che hanno senso industriale come, per esempio, quella che sta cercando di compiere Mediobanca rilevando la rete di promotori finanziari di Deutsche Bank. In questo caso l’acquisizione è finalizzata ad ampliare il segmento del risparmio gestito (in cui Mediobanca è già presente con Compass) che è quello che oggi assicura i margini più elevati agli operatori del credito.

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