Quanto peseranno le mosse dei Benetton nel risiko di Generali
L’assemblea della compagnia triestina è dietro l’angolo: a meno che non si arrivi a una mediazione, per il rinnovo dei vertici ci saranno due liste concorrenti. E il ruolo della famiglia trevigiana, e di Edizione Holding, potrebbe essere decisivo
Nella battaglia su Generali bisogna prima o poi scegliere da che parte stare. Lo scorso fine settimana, la Fondazione Crt ha fatto la sua scelta, che il presidente Giovanni Quaglia ha precisato non essere “contro qualcuno” ma per “contribuire alle prospettive di crescita della società affiancando due grandi investitori nazionali” che sono Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone. Da Torino a Ponzano Veneto la strada è breve e adesso ci si interroga su quale sarà la mossa della famiglia Benetton che del gruppo Generali, attraverso Edizione Holding, detiene il 4 per cento.
Fin dal primo momento che si è saputo della nascita di un patto di consultazione tra Caltagirone e Del Vecchio con la finalità di mettere in discussione governance e strategia di Trieste, si è data come più che probabile l’adesione dei Benetton e questo per una sorta di affinità di razza imprenditoriale, per il fatto che i tre si conoscono da lunga data e hanno fatto affari insieme (la famiglia Benetton con Del Vecchio ha condiviso un’operazione storica come la privatizzazione della Sme alla fine degli anni Novanta e svariate iniziative immobiliari, mentre di Caltagirone è stata socia nella casa editrice e insieme sono stati protagonisti in Grandi Stazioni). Esperienze complesse nelle quali si impara a conoscersi, rispettarsi e a darsi una mano. Ma questo non basta a giungere alla conclusione che la dinastia di Ponzano Veneto s’imbarcherà nell’avventura di destabilizzare i vertici della compagnia triestina senza valutare attentamente tutte le conseguenze su vari piani. Non dopo un periodo in cui la vicenda Atlantia-Autostrade deve essere ancora metabolizzata.
Caltagirone e Del Vecchio vogliono dare una scossa alla compagnia triestina mandando a casa l’ad Philipp Donnet, che al momento gode dell’appoggio del socio principale, Mediobanca. Ma Edizione Holding è anche azionista di Piazzetta Cuccia e componente del patto (o di quel che ne resta) che raggruppa i soci storici, a differenza dell’editore romano e del fondatore di Luxottica che non ne fanno parte pur detenendo partecipazioni molto rilevanti (Del Vecchio è al 20 per cento). Insomma, sono tante le variabili che vanno ponderate. Così, secondo i bene informati, a Ponzano Veneto non è stata ancora presa una decisione e appare poco probabile che questo avvenga prima del 27 settembre, giorno in cui è stato convocato il cda di Generali dovrebbe decidere in merito alle liste per il rinnovo della governance. Prima bisognerà trovare un accordo all’interno di Edizione Holding, nel cui consiglio siedono rappresentanti ed eredi dei quattro rami della dinastia di imprenditori trevigiani, che non è detto abbiano un orientamento univoco su una faccenda tanto delicata. E al momento non risultano convocazioni e delibere della società-cassaforte riconducibili alla partecipazione in Generali che dalla famiglia Benetton è sempre stata considerata di natura finanziaria e per questo motivo non sono state mai avanzate richieste di partecipazione alla gestione.
Ma prima o poi bisognerà fare una scelta di campo e se per ipotesi anche Edizione aderisse al patto di consultazione di Del Vecchio-Caltagirone-Crt, la quota di capitale detenuta dai soci che puntano a una discontinuità manageriale a Trieste e a un cambio di strategia salirebbe di colpo al 16,3 per cento, rispetto al 12,3 per cento attuale, superando la quota detenuta da Mediobanca (12,9 per cento) che storicamente ha voce in capitolo nel decidere i vertici della compagnia triestina. Questa prospettiva, per quanto appartenga al campo delle ipotesi, mette la dinastia di Ponzano al centro di una grande partita finanziaria italiana, dopo che pochi giorni fa Edizione Holding ha confermato il suo impegno nella società Atlantia salendo al 31 per cento con la possibilità di crescere al 33-34 per cento in virtù di un’operazione di buyback.
Insomma, il business delle infrastrutture autostradali resta centrale per i Benetton, anche a valle della cessione di Aspi, ed è su questo che la famiglia intende concentrarsi. Ma l’assemblea Generali è dietro l’angolo: a meno che non si arrivi a una mediazione, per il rinnovo dei vertici ci saranno due liste concorrenti. Sicuramente l’ago della bilancia saranno gli investitori istituzionali – che detengono il 40 per cento di capitale di Trieste – ma il destino del patto che intende rimescolare gli equilibri è anche nelle mani di Ponzano Veneto.