il contrattacco di nagel
L'offensiva di Mediobanca su Generali spiazza gli azionisti di mercato
In mezzo alla guerra con Caltagirone, Del Vecchio e Fondazione Crt finiscono gli investitori di mercato, che rischiano di non capire
Con una mossa da manuale Piazzetta Cuccia sale al 17,2 per cento. L'obiettivo è confermare alla guida Philippe Donnet nel consiglio di lunedì prossimo
Mediobanca passa al contrattacco nella battaglia su Generali e mette, per adesso, in minoranza il patto di consultazione tra Caltagirone, Del Vecchio e Fondazione Crt. La partita, ovviamente, non è chiusa. Potrebbero esserci contromosse del patto, che attende anche un segnale dal gruppo Benetton, ma di sicuro l'avanzata rappresenta un punto importante a favore di Piazzetta Cuccia alla vigilia del consiglio che lunedì 27 deciderà sulle liste di candidati da presentare per il rinnovo dei vertici di Trieste.
Quello che è successo è che Mediobanca, con una mossa da manuale che ricorda i tempi di Enrico Cuccia, si è fatta prestare 70 milioni di titoli Generali (pari al 4,42 per cento del capitale) da un azionista anonimo, giusto per il periodo necessario (otto mesi) ad arrivare all’assemblea di aprile 2022 che voterà le liste. In questo modo, infatti, la sua partecipazione sale temporaneamente al 17,2 per cento (dall’attuale 12,9 per cento) allungando le distanze con la quota detenuta dal patto che, anche dopo gli ultimi febbrili rastrellamenti di azioni in Borsa, non supera il 12,6 per cento del capitale. In pratica, i titoli presi in prestito saranno utilizzati da Mediobanca per aumentare i diritti di voto in assemblea (complessivamente potrebbero arrivare fino al 20 per cento) e confermare così l’attuale modello di gestione di Generali sotto la guida di Philippe Donnet.
Quello che colpisce della controffensiva della banca d’affari guidata da Alberto Nagel è la motivazione: “Un’operazione fatta a tutela dell’investimento in Generali – si legge nella comunicazione di ieri sera – tenuto conto del contributo significativo che apporta ai risultati della banca e per evitare una destabilizzazione strategica ed operativa che condizioni negativamente i conti”. Insomma, Piazzetta Cuccia ha detto chiaramente che intende preservare il valore economico che Trieste ha per i suoi conti, vale a dire un terzo circa degli utili prodotti ogni anno (nell’ultimo bilancio, su un totale di 808 milioni di profitti, le cedole provenienti dalla partecipazione in Generali ammontano a 273 milioni). Tanto basta per sparare un grosso colpo che, comunque, non resterà privo di conseguenze considerando che Caltagirone e Del Vecchio, oltre a essere grandi azionisti di Generali, sono anche soci rilevanti della stessa Mediobanca, pur non essendo rappresentati in consiglio di amministrazione.
Le divergenze sono sulle strategie. Il patto costituito dai due imprenditori mette profondamente in discussione il modello di gestione di Generali, chiedendone una crescita più dinamica in modo da accorciare le distanze dai competitor europei. E neanche un’operazione come quella su Cattolica (per la quale la Consob ha appena dato il via libera) sarebbe sufficiente a far fare a Trieste il salto dimensionale a cui i due imprenditori aspirano e sul quale, però, non si sbilanciano più di tanto. D’altra parte, Mediobanca ha deciso di andare avanti per una strada tracciata che garantisce l’equilibrio dei conti per la banca d’affari. In mezzo, ci sono gli investitori di mercato che di Generali rappresentano il 40 per cento del capitale, e che potranno essere il vero ago della bilancia nella sfida assembleare di aprile. A loro è sempre meno chiaro il senso di una guerra tra azionisti.