Colossi pericolanti
Evergrande verso il crac. Cosa vuol dire per il mercato cinese e gli investitori esteri
Come si dice “fallimento” in mandarino? Evergrande è il simbolo di un sistema, che riguarda soprattutto il settore immobiliare, fatto di debiti e crescita drogata. Un confronto tra la Cina e i paesi occidentali
Un’impresa cinese del settore immobiliare – Evergrande – è agli onori della cronaca mondiale, perché non riesce a pagare gli interessi in scadenza sull’enorme debito che ha accumulato. Si teme che la maggior parte delle imprese cinesi minori molto indebitate, sempre del settore immobiliare, possano trovarsi nella stessa condizione. Una crisi finanziaria potrebbe allora diffondersi dagli immobili ai sottoscrittori delle obbligazioni e alle banche, e da questi all’economia tutta.
Il timore va al di là della vicenda di Evergrande. Si teme che il settore immobiliare – uno dei grandi traini della crescita cinese – sia giunto al capolinea e che la sua crisi finanziaria ne sia il sintomo. La ragione della crisi è la costruzione di immobili che è continuata a dei ritmi molto sostenuti e di molto superiori alla domanda effettiva. Una gran quantità di case non ha trovato così chi le volesse abitare. Si hanno una novantina di milioni (sic) di appartamenti liberi; è come se tutta la popolazione della Germania potesse trasferirsi in Cina, perché la quantità di immobili a disposizione è più che sufficiente ad accoglierla.
L’economia cinese è da tempo meno dinamica. Dieci anni fa per ogni sei yuan di nuovo credito si aveva uno yuan di crescita del pil; oggi per ogni dieci yuan di nuovo credito si ha uno yuan di crescita. La produttività del credito è decrescente, ma è decrescente perché la produttività dell’economia reale è decrescente. La misura della produttività reale è la “produttività totale dei fattori” – quanta crescita si ha in aggiunta all’aumento della quantità di capitale e di lavoro; e questa dai valori positivi di un tempo è oggi intorno allo zero.
Non vendendo e/o non affittando tutti gli immobili costruiti, ma avendo allo stesso tempo finanziato la loro costruzione soprattutto con i debiti – le obbligazioni e i crediti delle banche – molte delle società immobiliari sono piombate nella crisi finanziaria di cui si parla. Esse hanno un attivo congelato per la minor vendita di case, a fronte di un passivo che deve onorare gli obblighi contrattuali. Lo sbilanciamento fra attivo e passivo nel caso di Evergrande è stato aggravato dalla recente stretta voluta dal governo, che impone dei vincoli stringenti all’indebitamento che impediscono di incrementare il debito in essere. Un salvataggio da parte dello stato per diluire l’impatto che la crisi avrebbe non solo sulle imprese indebitate, ma sul settore immobiliare, è molto probabile. Quest’ultimo potrebbe sperimentare una caduta dei prezzi delle abitazioni. La Cina non ha mai registrato un calo significativo dei prezzi degli immobili. Con una caduta dei prezzi degli immobili le famiglie si sentirebbero meno ricche e quindi potrebbero ridurre o frenare i consumi.
Vi è dell’altro, meno dibattuto, che potrebbe aggravare gli andamenti economici. Un terzo delle entrate (sic) delle amministrazioni locali dipende dalla concessione di permessi di costruzione. Se l’erogazione di concessioni è frenata dalla crisi delle costruzioni, perché nessuno chiede di poter costruire, come faranno i governi locali a far fronte alle spese? Soprattutto alle spese in infrastrutture, che sono un altro grande traino della crescita. Alzeranno le imposte? Il settore immobiliare non solo è stato uno dei traini della grande crescita, ma è stato, allo stesso tempo, anche uno strumento per avere un carico fiscale contenuto, perché generava le risorse per gli investimenti delle istituzioni locali. La Cina ha sperimentato una emigrazione biblica dalla campagna alla città. Centinaia di milioni di contadini sono andati a lavorare nelle fabbriche. E per lavorare in città avevano bisogno di case, di infrastrutture, come le strade, le metropolitane, le fogne, ecc. Quindi il settore immobiliare non solo forniva le case, ma anche i mezzi, grazie alla concessione onerosa dei permessi, per costruire le infrastrutture.
Le difficoltà del settore immobiliare e – più in generale – la perdita di dinamismo dell’economia cinese non sono una vicenda solo interna. Gli investitori esteri, infatti, detengono quasi mille miliardi di dollari di attività finanziarie nei mercati cinesi. Si hanno anche oltre duecento società cinesi quotate negli Stati Uniti che capitalizzano più di duemila miliardi di dollari. La vicenda di Evergrande e le sue ripercussioni – laddove si intravvede la fine della prima fase del grande sviluppo cinese – mostrano quanto sia importante procedere con le riforme. Abbiamo l’opzione liberale e quella illiberale. La prima vuole la pulizia dei crediti inesigibili e dei tribunali indipendenti. La seconda può portare stabilità finanziaria se il debito eccessivo è visto come un rischio per la sicurezza del sistema – che è mono partito e senza un sistema giudiziario autonomo. Si possono frenare gli imprenditori immobiliari che vogliono crescere grazie ai debiti. Intanto che gli imprenditori sono imbavagliati, i cattivi crediti vengono distribuiti nel sistema – le banche sono statali – per attenuare le loro ripercussioni negative.
L’opzione illiberale è nell’ordine delle cose. La Cina moderna ha attraversato tre cicli politici: quello della rivoluzione, della riforma, e della restaurazione. Il Partito comunista ha alle spalle tre decenni di rivoluzione – dagli anni Cinquanta alla fine degli anni Settanta, quattro decenni di riforme – dagli anni Ottanta in poi, e sta abbracciando la restaurazione.
Quest’ultima consiste nel fondere un’economia di mercato moderna e ad alta tecnologia con la struttura del potere cinese – un potere gerarchico che parte dall’alto del partito unico – il nuovo imperatore – e va verso il basso – laddove si vogliono ridurre le diseguaglianze. Nella struttura del potere cinese il troppo denaro in mano agli imprenditori privati – per di più eccitati dalla fama – potrebbe sfidare l’ordine politico. Da qui l’intervento a limitare il loro spazio di manovra, come si è visto ultimamente con il giro di vite nei confronti del settore tecnologico.
Passiamo ora al settore immobiliare come tale. Cerchiamo di definirne le caratteristiche e cerchiamo di fare il confronto fra l’occidente e la Cina. Dalla fine del XIX secolo con lo sviluppo industriale prima, e dei servizi poi, l’importanza della terra in occidente è andata scemando. La terra – a differenza del capitale e del lavoro – è “immobile”. A differenza di altri beni, ha un’offerta “anelastica”, ossia non cresce, salvo il caso, peraltro di modesta entità, delle terre strappate al mare, come avvenuto in Olanda. La terra è eterna, nel senso che c’era ai tempi dei dinosauri e potrebbe sopravvivere all’uomo sapiens. Infine, la terra entra in tutte le attività economiche, è un “bene base”. Anche in Cina la terra non ha più lo stesso peso che aveva nell’economia agraria di una volta.
Quando esplode la domanda di un bene, i fattori sono ricombinati per offrirlo a sufficienza, finché prezzi e quantità non raggiungono un equilibrio. Nel caso della terra non si può incrementare più di tanto l’offerta. Si può sopperire all’offerta anelastica costruendo grattacieli, ma questa soluzione ha un limite. L’offerta anelastica fa sì che la terra diventi una “riserva di valore”. Mentre il capitale industriale deperisce, la terra, perché anelastica ed eterna, tende a rivalutarsi con l’economia e/o la popolazione che crescono. La terra diventa allora uno strumento di garanzia per i crediti. In occidente come in Cina.
Da quanto detto si arguisce quali siano le variabili del settore immobiliare moderno: a) come le licenze edilizie sono regolate – alias il controllo dell’offerta; in Cina – a differenza dell’occidente – la terra è statale e data in concessione. b) quanta sia la libertà di finanziare, avendo come garanzia l’attività stessa, l’abitazione e, soprattutto, la terra sottostante. c) segue che, più l’offerta di immobili è limitata, più i prestiti sono facili, con i prezzi che salgono continuamente si ha la “bolla”. In occidente si sono avute molte bolle, ma ora le si hanno anche in Cina. d) una minor crescita dell’economia nel lungo periodo, che si ha quando una forte crescita dei prezzi degli immobili dovuta al credito facile, si combina con le politiche monetarie molto lasche; il credito continua ad affluire in un settore a bassa produttività. Questo è accaduto a occidente come sta accadendo a oriente.
Tentiamo ora degli approfondimenti: a) l’immobiliare alimenta l’ineguaglianza? Si, se la distribuzione degli immobili è diseguale in partenza. b) il settore immobiliare di oggi è migliore di quello di ieri? Si, per le persone con redditi medi. c) una digressione sui prezzi dei beni riproducibili, come quelli industriali, e quelli meno riproducibili, come gli immobili, mostra una considerevole forbice dei prezzi. d) le periferie delle grandi città allontanano le persone con i redditi bassi per effetto della “gentrificazione”. Per le persone a basso reddito – corrente, ma soprattutto futuro – si ha come soluzione un nuovo ciclo di edilizia popolare. Iniziamo con la diseguaglianza. Se la proprietà immobiliare non è in origine ripartita in misura eguale fra la popolazione, si avrà che, con la crescita della ricchezza immobiliare, dovuta ai meccanismi di offerta anelastica, chi possiede una proprietà, o ne possiede numerose, diventa, nei cicli ascendenti dei prezzi degli immobili, assolutamente più ricco, e, nei cicli discendenti, resta comunque relativamente più ricco di chi non possiede immobili. Simmetricamente, chi non possiede alcuna proprietà e la vuole, deve pagare nei cicli ascendenti molto per il possesso, anche perché un minor tasso di interesse sui mutui non compensa la crescita del prezzo dell’immobile, così come, in alternativa al possesso, pagherà di più l’affitto. Nei cicli discendenti i prezzi degli immobili e degli affitti non cadono a sufficienza per favorire chi ha meno mezzi finanziari.
La diseguaglianza è ben presente nel campo immobiliare, ma la condizione di chi ha un reddito medio è migliorata rispetto a quella di una volta. Il punto si coglie con il confronto fra i sistemi immobiliari nel corso del tempo. Il modello di un mercato immobiliare “modernissimo” ha queste caratteristiche: a) per comprare casa non si anticipa il prezzo dell’immobile. b) il mutuo dura molti decenni. In questo modo le famiglie possono indebitarsi molto e il peso delle rate sul debito e degli interessi non pesano troppo sul reddito. c) se il prezzo dell’immobile sale, le famiglie possono indebitarsi, portando a garanzia l’immobile, che ha ora un prezzo maggiore. Per esempio, se il prezzo dell’immobile è salito da 100 a 150 uno può indebitarsi per 50. Sul nuovo debito si debbono pagare gli interessi, e quindi è necessario che le famiglie pensino di guadagnare di più in futuro. d) un mercato secondario sviluppato. Se si vendono delle obbligazioni con dentro molti mutui il rischio di prestare denaro ad una singola famiglia scende e di conseguenza scende il tasso di interesse. Si possono erogare così dei mutui con dei tassi inferiori, ampliando il mercato. Questo è il modello retrostante la famigerata vicenda dei mutui sub-prime. Il modello di un mercato immobiliare “antichissimo” ha queste caratteristiche: a) per comprare casa si deve anticipare una parte cospicua del prezzo dell’immobile. b) il mutuo dura pochi anni. In questo modo le famiglie non possono indebitarsi molto e il peso delle rate sul debito e gli interessi pesano moltissimo sul reddito. Dal confronto è evidente che il mercato immobiliare modernissimo è meglio di quello antichissimo per i meno abbienti, ma con dei mezzi.
Passiamo alla forbice dei prezzi. Al contrario degli immobili, gli altri beni sono diventati nel corso del tempo molto meno costosi. Il numero di ore che uno statunitense medio deve lavorare per acquistare un televisore è sceso da 60 ore nel 1975 a 7 ore nel 2013; per acquistare un’automobile oggi ci vogliono tre volte meno ore che nel 1964. Va da sé che i beni riproducibili sono diventati sia meno costosi sia di maggiore qualità. I prezzi medi degli immobili nell’area di New York sono, invece, aumentati del 700 per cento dal 1980, contro il 300 per cento in più dei salari. I quali prezzi degli immobili vanno da due a quattro volte il loro costo di costruzione. Questo cuneo – tra i costi per la costruzione e il costo della terra sottostante da un lato e il prezzo finale dall’altro – riflette soprattutto il costo che ha origine nelle restrizioni sulle nuove costruzioni in presenza di una quantità data di terra.
Passiamo alla gentrificazione. I maggiori redditi di chi svolge le nuove professioni che nelle città dinamiche spingono a comprare o a pagare degli affitti a dei prezzi maggiori per gli immobili che si trovano nelle parti più povere delle città. Meglio, nelle parti ex più povere, perché queste ultime, quando hanno delle caratteristiche attraenti, diventano di moda. Molti degli abitanti a basso reddito sono costretti ad allontanarsi da loro habitat sia per i prezzi crescenti degli immobili, sia perché sono sorti dei servizi volti a soddisfare i nuovi abitanti facoltosi, mentre i servizi per i vecchi abitanti scompaiono. Il settore immobiliare non crea problemi a chi è abbiente, non ne crea di insolubili per chi ha un reddito non basso, perché, grazie al mercato detto modernissimo, riesce a cavarsela, mentre ha degli effetti negativi per chi non è abbiente. Non solo per chi abitava nelle zone povere diventate attraenti, ma anche per chi, non abbiente, un giorno andrà in pensione. I numeri sono britannici, ma possono essere una guida. Un pensionato ha un reddito intorno ai due terzi di quello del periodo lavorativo. Si presume che il suo mutuo si sia estinto. Ecco che il reddito da pensionato equivale al suo reddito lavorativo, perché il mutuo estinto costava un terzo del reddito. Il pensionato, protetto dalle spese mediche e ormai proprietario dell’immobile, può così vivere sereno. Passiamo ai giovani e i meno giovani (25-45 anni). La maggioranza di loro vive in affitto, ma discorso varrebbe lo stesso se non fossero la maggioranza. Con la crescita del prezzo degli immobili i meno abbienti difficilmente potranno acquistarne uno, e gli affitti che potranno pagare saranno una quota significativa del loro reddito.
Che cosa faranno i giovani e i meno giovani di oggi da pensionati, quando il loro reddito sarà pari a due terzi di quello del periodo lavorativo, mentre dovranno pagare un affitto pari a un terzo del loro reddito lavorativo? Potranno fare ben poco. E quale può essere la soluzione perché non piombino nella povertà? Un tempo la costruzione di alloggi popolari da parte del settore pubblico voleva impedire che il costo dell’acquisto o dell’affitto di un immobile fosse una quota eccessiva del reddito dei meno abbienti. Una quota eccessiva sul reddito corrente di ieri e di oggi e, nelle condizioni di oggi, anche futuro.