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Come usare una legge di bilancio per cambiare le regole europee

Giacinto Della Cananea

L’incremento della crescita economica favorisce la riduzione del deficit pubblico. Per far sì che il Pnrr abbia successo, però, serviranno mani esperte

Nei giorni scorsi, il governo ha approvato la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, su cui i due rami del Parlamento esprimeranno le proprie valutazioni in vista della sessione di bilancio. Essa ha un’indiscutibile importanza, per le ragioni riguardanti la stabilizzazione della finanza pubblica subito notate da Carlo Altomonte: l’incremento della crescita economica, oltre le attese, favorisce la riduzione del deficit pubblico. Ne ha anche per ragioni riguardanti l’efficienza in vari comparti dell’economia e l’equità sul piano sociale.

 

Sul versante dell’efficienza, la Nadef indica i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica. Essi precedono o seguono l’approvazione del bilancio ed è per questo motivo che vanno resi noti prima che la sessione di bilancio abbia inizio. Il governo Draghi ha dichiarato di considerare collegati alla decisione di bilancio ben venti disegni di legge. Ve ne sono alcuni che assumono un notevole rilievo ai fini del conseguimento degli obiettivi fissati dal Pnrr, come la legge annuale sulla concorrenza. Da essa da cui si attende – dopo molti anni di colpevole ritardo – un forte impulso alla riduzione degli ostacoli normativi e fattuali alla concorrenza, con i connessi benefici per i cittadini, dal momento che sono le imprese maggiormente esposte alla concorrenza quelle che ricercano migliori combinazioni tra i servizi offerti alla clientela e i prezzi praticati. Un altro disegno di legge concerne la delega per la riforma della giustizia tributaria, che è indispensabile per migliorare la qualità e la tempestività delle decisioni giudiziarie riguardanti il delicato rapporto tra i contribuenti e il fisco.

Altri due riguardano gli incentivi alle imprese e il settore dei giochi e delle scommesse, nel quale la pandemia ha fatto registrare seri inconvenienti. Nel frattempo, dovranno essere definiti gli interventi volti a garantire una maggiore equità nel delicato ambito della spesa sociale. Prendendo spunto dalla “intonazione espansiva della politica di bilancio”, nella Nadef il governo annuncia che con la prossima legge di bilancio saranno prese misure volte a migliorare l’accesso alle cure sanitarie e agli asili nido, con l’obiettivo di far sì che possano usufruirne almeno un terzo dei bambini con meno di tre anni, entro il 2026. Annuncia anche l’intenzione di potenziare i servizi sociali, con l’obiettivo che ve ne sia almeno uno ogni 6.500 abitanti. La svolta impressa non si manifesta, dunque, soltanto nell’impostazione apertamente espansiva della politica di bilancio, ma anche nella determinazione di obiettivi specifici, misurabili. Nell’insieme, si tratta di un programma molto ambizioso. La condizione necessaria per realizzarlo è ovviamente che il governo riesca a predisporre interventi adeguati sul piano tecnico. Ma ciò non basterà, perché il miglioramento dell’efficienza dell’intero sistema inciderà inevitabilmente su alcune rendite di posizione, non solo nei servizi pubblici locali.

Analogamente, il miglioramento delle prestazioni relative alla spesa sociale richiede una definizione dei loro livelli essenziali, che tenga conto delle diversità esistenti su base regionale. La critica a qualsivoglia intervento di questo tipo in taluni momenti tocca punte demagogiche. I volenterosi difensori dell’eguaglianza non sanno far di meglio che imputare al governo la ripresa dell’iniziativa sul versante dei maggiori gradi di autonomia richiesti da alcune regioni, dimenticando che a prevederla è stata la riforma del titolo V della Costituzione nel 2001 e che nella prima parte di questa legislatura sono stati fatti vari passi in questa direzione. Al di là degli aspetti di tono e di misura, il dibattito già iniziato fa intravedere che, mentre la campagna vaccinale e la definizione del Pnrr hanno avuto un ampio consenso nelle istituzioni e nella società italiana, gli interventi volti a promuovere l’efficienza e l’equità incontreranno resistenze. Per vincerle, occorreranno mani esperte nella guida del governo e una leale cooperazione con le istituzioni parlamentari, nella condivisione delle informazioni e nel rispetto dei termini previsti dalla legge, diversamente da quanto è accaduto nelle ultime sessioni di bilancio. Solo se queste condizioni si realizzeranno, l’Italia potrà superare la contraddizione che attualmente vive: sapere cosa va fatto e avere anche le risorse finanziarie per farlo, ma non avere la certezza di volersi impegnare a fondo.

 

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