Fisco e catasto: l'assalto non è alla casa, ma alla cassa (pubblica)
Altro che aggressione del governo al patrimonio delle famiglie, sta accadendo l'esatto contrario: con il Superbonus 110%si prelevano miliardi dal Tesoro per rifare le case agli italiani, prevalentemente i più ricchi. Oltre che sul catasto il governo deve decidere sul futuro di questi bonus se vuole fare una riforma fiscale incisiva
L’audizione sulla Nadef del ministro dell’Economia Daniele Franco ha fatto emergere due linee di fondo: quanto sia distorto il dibattito sulla revisione del catasto, indicato da Lega e FdI come una specie di “patrimoniale”; l’indeterminatezza del governo su alcune scelte fondamentali di bilancio che determinano la riforma fiscale. Nel primo caso, in maniera del tutto pretestuosa, nonostante la delega stabilisca chiaramente il contrario, Matteo Salvini ha descritto il riordino del catasto come una specie di aggressione del governo alla proprietà delle famiglie per fare cassa. Mai una narrazione è stata così lontana dalla realtà. Perché ciò che invece sta accadendo, con l’accordo di tutte le forze politiche, è l’esatto contrario: un assalto alle casse pubbliche per ammodernare il patrimonio immobiliare privato.
L’operazione va sotto il nome di “Superbonus 110%” e funziona come una patrimoniale inversa: prende risorse dalla fiscalità generale e le investe nei patrimoni, prevalentemente delle fasce più ricche del paese. Questo sistema, che ha come obiettivo la riqualificazione energetica delle abitazioni, è eccessivamente generoso: mette a carico dello stato il costo integrale dei lavori e aggiunge un 10% di bonus per il proprietario e l’impresa. Evidentemente lo stato deve farsi carico di modernizzare le case dei privati, ma non deve permettersi di adeguare il proprio catasto.
Al momento l’importo degli investimenti ammessi al Superbonus sfiora i 7,5 miliardi di euro, che andranno a beneficio dei proprietari e del settore delle costruzioni. Ma non basta, perché le richieste dei partiti sono di un’estensione indefinita del Superbonus. “Se lo stato paga integralmente il valore della spesa e consideriamo che ci sono 30 milioni di unità immobiliari, l’effetto sui conti pubblici è stratosferico. Tenendo a mente – ha detto il ministro Franco – che il settore non può crescere a dismisura, perché rischiamo di creare una bolla”. Le costruzioni vanno sostenute, ma il Superbonus “non è sostenibile alla lunga”, ha concluso. E’ evidente che, nell’attuale situazione, è il governo a doversi difendere dall’assalto politico a favore dei proprietari più che il contrario.
L’altra linea di fondo che è emersa dall’audizione è la vaghezza del governo rispetto ad alcune politiche di bilancio, che a sua volta si riflette nella genericità della delega fiscale. Sul Superbonus e gli altri bonus edilizi Franco ha detto che il governo sta “valutando in che modo possano e debbano essere prorogati”. Sul Cashback, al momento sospeso, ha detto che “non è una misura strutturale”, quindi non si capisce se, come ed eventualmente quanto durerà una misura già definita regressiva da Draghi. Sulle pensioni, ovvero sulla fine di Quota 100, Franco ha risposto che “è una questione aperta che affronteremo”. Resta poi sullo sfondo la riforma degli ammortizzatori sociali, che richiederà altre risorse non ancora quantificate.
E’ evidente che non c’è accordo politico su nessuna di queste questioni, e che i partiti vorrebbero rinnovare tutti i bonus e superbonus, non tagliare la spesa, prorogare Quota 100, estendere gli ammortizzatori sociali e tagliare le tasse, ma il ministro Franco è pienamente consapevole che le risorse sono scarse per fare anche solo alcune di queste cose. E che con i 3 miliardi messi a disposizione per la riforma fiscale non si fa nessuna riforma, figurarsi una incisiva che riduca la pressione fiscale sui fattori produttivi come annunciato durante la presentazione della delega. Al paese servono scelte nette e una direzione chiara, che per ora il governo non è in grado di indicare. Ma non può tenersi sul vago ancora a lungo.