Per attuare il Recovery plan serve un nuovo modello di management della Pa
Il New public management a cui è ispirata la pubblica amministrazione nel nostro paese si basa sull'estensione della best practice su larga scala. Bisognerebbe integrarla con un principio: l'amministrazione deve imparare a imparare
Il Recovery plan porterà nelle casse dello stato oltre 240 miliardi euro e un piano di oltre trecento pagine di riforme. Ma lo stato ha gli strumenti e un metodo all’altezza di queste ambizioni?
Le pubbliche amministrazioni, non solo in Italia, sono organizzate su un modello “industriale”, dall’alto verso il basso che non riesce a adattarsi alla complessità delle relazioni sociali e alle nostre crescenti e contraddittorie aspettative. L’idea di fondo di questo modello, il cosiddetto New public management, è che il successo della Pa si misura sulla base dei risultati concreti raggiunti. Applicare correttamente le norme non basta. Lo stato può fornire i migliori servizi professionalizzando il management, standardizzando le prestazioni – le cosiddette best practice – e con un costante controllo di costi e risultati. Efficienza e servizio al cittadino sono le parole d’ordine. La politica identifica gli obiettivi e l’amministrazione li trasforma in azioni misurabili e indicatori. Benché nato negli anni Ottanta in un periodo di riduzione del ruolo dello stato, questo modello può essere usato sia per espandere che per contrarre la spesa pubblica. Le varie riforme della Pa italiana negli ultimi decenni seguono questo modello, perlomeno nelle intenzioni. Il limite di questo approccio è che non riconosce la complessità della società. Anche quando la politica faticosamente identifica priorità, la risposta del New public management è andare alla ricerca di best practice da riprodurre su larga scala.
Rinnovare lo stato significa riconoscere che il cittadino è una persona che vive all’interno di una rete di relazioni piuttosto che un individuo isolato. Il benessere dipende quindi dalla qualità delle relazioni e delle esperienze vissute. Applicare questo approccio alla Pa significa accettare che ogni politica dipende dal contesto e non sempre esistono best practice generalizzabili. L’esperienza maturata da un insegnante brillante non può essere estratta e replicata su scala, serve l’esperienza diretta. Similmente, un eccessivo controllo dall’alto è controproducente oltre che futile. Chiunque abbia toccato con mano una grande burocrazia, pubblica o privata, sa che quasi qualsiasi tentativo di misurare l’efficienza con metriche e obiettivi può essere manipolato o aggirato. Nessun tornello ha da solo mai reso l’amministrazione efficiente.
E’ il momento di sperimentare un altro approccio. Senza smettere di misurare i risultati, l’amministrazione pubblica deve imparare a imparare. Se riconosciamo che non sempre esistono best practice che i dirigenti o la Corte dei conti possono definire dall’alto, è responsabilità di ciascun amministratore mettersi in discussione e sperimentare nuove soluzioni. In uno slogan, un buon manager si chiede quali risultati ha raggiunto, un vero manager si chiede cosa la sua organizzazione ha imparato. Non è facile. Responsabilizzare significa delegare a chi è a contatto con il pubblico giorno per giorno. Bisogna avere fiducia che un dipendente dei centri dell’impiego non si limiti a fornire servizi o corsi ma abbia anche gli strumenti e la motivazione per suggerire adattamenti sulla base della propria esperienza. Nella maggior parte dei casi oggi non sono offerti neanche i servizi standard.
Ci sono però casi a cui ispirarsi. Per esempio, il progetto Human Learning System lanciato da una serie di fondazioni no-profit in Regno Unito e Australia. Oppure il mondo dell’innovazione. Nel mondo hi-tech ci si ispira da decenni al cosiddetto Agile manifesto: gli sviluppatori creano dal basso di prodotti pilota che vengono costantemente testati e riaggiornati sulla base delle iterazioni con i consumatori. Nessun prodotto Google è una best practice. Grandi società di consulenza come McKinsey o Boston Consulting da tempo offrono di fare enablement, ovvero accompagnano i clienti a crearsi le proprie soluzioni. Il New Public Management voleva portare nello stato il meglio del privato ma ha importato modelli in parte ormai superati.
Il Recovery è un piano di grandi dimensioni che ha bisogno di una forte cabina di regina centralizzata. Ma le ondate di assunzioni nella Pa o il nuovo piano industriale di Cassa depositi e prestiti sono anche un’opportunità per sperimentare modelli di management che mettono al centro apprendimento e adattamento continuo.
Alcuni anni fa un politico che sarebbe poi diventato presidente del Consiglio bacchettava gli avversari chiedendo di mettere le riforme su tabelle: “Nella prima casella si indica la cosa da fare, nella seconda i tempi in cui la si fa, nella terza il responsabile che la fa”. Una volta arrivati a Palazzo Chigi il tempo per controllare le tabelle scivola via dalle mani. Ma una buona regola per giudicare i propri risultati è chiedersi non solo cosa hai realizzato ma anche cosa hai imparato.