Il disegno che manca
Come si usa il metodo green pass anche sul fisco e sul bilancio
Sui vaccini Draghi ha indicato una linea chiara, senza indietreggiare di fronte alle proteste di piazza. Ma serve una forward guidance anche sulle tasse, visto che gli obiettivi della manovra sono ancora oscuri
È anche una vittoria di Draghi, non tanto per le conseguenze che il voto avrà sugli equilibri di governo, ma perché è stato sconfitto chi ha scelto una direzione opposta, in particolare sul green pass. Eppure fino a qualche giorno fa in tanti, nella maggioranza e nel governo, erano disposti a concedere qualcosa ai manifestanti (ad esempio i tamponi gratuiti) per timore che davvero la minaccia di bloccare l’Italia fosse concreta. E invece Draghi non si è smosso. E’ stato un piccolo momento Thatcher, con i portuali al posto dei minatori.
La fermezza si è dimostrata vincente: la protesta ha perso nelle piazze e nelle urne, dispersa dagli idranti e dal voto. Non che il presidente del Consiglio avesse un’opzione diversa. Un cedimento su un punto fondamentale come il green pass avrebbe minato la credibilità del governo e, quindi, la possibilità di fare qualsiasi altra riforma incisiva. E il valore politico della credibilità è ben chiaro a un banchiere centrale come Draghi che sui vaccini ha cercato di agire sulle aspettative usando una specie di forward guidance. In politica monetaria, è l’indicazione da parte della banca centrale delle sue future intenzioni in modo da ridurre l’incertezza e influenzare il comportamento degli agenti rispetto a un obiettivo. In questo caso non di inflazione ma di vaccinazione.
La forward guidance è un’arma efficace, ma che vincola ad azioni conseguenti. Se gli annunci risultano incoerenti nel tempo, la banca centrale perde credibilità e la sua politica monetaria perde efficacia. E’ così che Draghi ha cercato di agire sulle aspettative degli italiani per raggiungere il più alto tasso di vaccinati possibile. A luglio ha annunciato l’introduzione del green pass per accedere a una serie di attività e poi ha fatto capire che sarebbe stato esteso. Infine, a metà settembre ne ha annunciato, con un mese di anticipo, l’introduzione per accedere sui luoghi di lavoro. Fare un passo indietro prima dell’entrata in vigore avrebbe dimostrato che gli annunci non sono credibili e che sulla vaccinazione il governo non fa sul serio o, quantomeno, non ha le idee chiare. Si vedrà nelle prossime settimane se la fermezza riuscirà a piegare le resistenze dei più riottosi, ma in ogni caso sui vaccini il governo ha dimostrato di avere una direzione chiara da indicare al paese.
È ciò che manca, però, sulla politica di bilancio. Non parliamo della politica economica in generale, perché con il Pnrr il governo sta definendo un orizzonte, ma di quella fiscale. Su questo aspetto l’incertezza è molto più elevata. Il governo è in ritardo nell’approvazione del Documento programmatico di Bilancio (Dpb), l’Italia è l’unico paese dell’eurozona a non aver presentato il documento alla Commissione europea. Si dovrebbe rimediare in questa settimana: oggi si terranno la cabina di regia e il Consiglio dei ministri, per poi inviare il Dpb a Bruxelles venerdì. Ritardo a parte, a mancare non sono tanto i dettagli del Dpb ma la linea di fondo. Il ministro dell’Economia Daniele Franco ha detto che la manovra sarà una torta grossa circa 23 miliardi, ma nessuno – neppure i partiti di maggioranza – ha idea della grandezza delle fette (fisco, ammortizzatori sociali, pensioni, bonus vari). Gli operatori economici – imprese, lavoratori, consumatori – non sanno se, in generale, si andrà verso meno tasse o più spesa o un poco di entrambe le cose. E questa incertezza non fa bene all’economia. Insomma, bene Draghi sui vaccini, ma serve una forward guidance anche sul fisco e sulla politica di bilancio.