la manovra da 23 miliardi

Sulle pensioni, anziché la Fornero, Draghi preferisce una linea Conte light

Luciano Capone

Il governo intende superare lo "scalone" di Quota 100 attraverso due "scalini" (Quota 102 nel 2022 e Quota 104 nel 2023). Il premier e il ministro Franco vanno nella direzione sbagliata indicata da Salvini e Landini, ma a velocità ridotta

Un pezzo della prossima manovra da 23 miliardi riguarderà le pensioni. Nella cabina di regia convocata dal presidente Draghi, il ministro dell’Economia Daniele Franco ha anticipato l’intenzione di introdurre Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) per il 2022 e Quota 104 (66 anni di età e 38 di contributi) per il 2023. Non sono state fornite cifre precise, ma il costo dovrebbe aggirarsi sui 2 miliardi.

 

Pensioni, così Draghi segue la strada (sbagliata) di Salvini e Landini

Insomma, si va verso un superamento dello “scalone” prodotto da Quota 100 attraverso due “scalini” meno costosi del regime gialloverde. Se paragonato alle richieste di Maurizio Landini e Matteo Salvini che propongono Quota 41 (persino più costosa di Quota 100), quello di Draghi e Franco può sembrare un compromesso accettabile. Non è così. E’ una soluzione che pare sensata rispetto alle richieste folli di partiti e sindacati, ma va nella direzione sbagliata rispetto alla situazione previdenziale e demografica del paese.

 

Solo un mese fa, l’Ocse raccomandava all’Italia di “contenere la spesa pensionistica lasciando scadere Quota 100 e Opzione Donna nel dicembre 2021, e ristabilire immediatamente la correlazione tra età pensionabile e speranza di vita”. Perché, notava l’Ocse, rispetto agli altri paesi membri la composizione della spesa pubblica italiana è sbilanciata verso pensioni e interessi sul debito a scapito di investimenti e istruzione. E’ così che l’Italia sta consumando il suo presente e il suo futuro.

 

Ma quanto è sostenibile un sistema del genere? Secondo il Mef, che ne parla nella Nadef, e più estesamente nel rapporto curato dalla Ragioneria dello stato sulle “tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico” il sistema ha una sua sostenibilità: dopo un aumento della spesa previdenziale di 2,6 punti (dal 13,3 al 15,9 per cento del pil) a causa della doppia recessione, la riforma Fornero dovrebbe garantire una spesa leggermente crescente che dopo il picco del 16,6 per cento nel 2045 scenderà costantemente fino al 13,3 per cento nel 2070. Il ciclo di riforme avviato a partire dal 2004 (riforma Maroni) ha ridotto l’incidenza della spesa pensionistica sul pil di circa 60 punti percentuali cumulati al 2060. E di questi, circa un terzo è dovuto alla riforma Fornero.

 

La politica e l’opinione pubblica hanno però ritenuto che la correzione impressa dalla legge Fornero sia stata eccessiva, muovendosi in direzione opposta con la Quota 100 introdotta dal governo Conte. E ora il governo Draghi intende proseguire sulla stessa strada, seppure a velocità ridotta. Ma il ministro Franco, che è stato anche Ragioniere dello stato, sa bene che la sostenibilità del sistema si basa su ipotesi demografiche e macroeconomiche che definire ottimistiche è un eufemismo. Il Mef prevede un tasso di fecondità crescente, dall’1,24 del 2020 all’1,51 del 2050 (anche se è da decenni in costante discesa: era 1,46 nel 2010); un saldo migratorio netto annuo di 165 mila unità (che considerando l’emigrazione, vuol dire un flusso annuo di immigrazione di 300 mila unità). Quanto ai dati economici, si prevedono: crescita costante del pil reale, aumento della produttività come non si vede da decenni, dimezzamento della disoccupazione e aumento di 10 punti del tasso di occupazione.

 

In pratica l’Italia, dovrebbe improvvisamente funzionare come la Svizzera o la Germania. Il paradosso è che, anziché concentrare le risorse per fare le riforme che renderebbero l’invecchiamento della popolazione e il sistema pensionistico sostenibili, il governo le usa per aumentare il peso di una spesa pensionistica che schiaccerà il paese. Da Draghi, che da presidente della Bce nella famosa “lettera” invocò la necessità di una riforma delle pensioni, ci si aspettava che seguisse la linea Fornero. Invece ha preferito una linea Conte light.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali