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Abbandonata Mps, i piani di Unicredit arrivano fino a Generali 

Stefano Cingolani

Orcel mette il governo con le spalle al muro: per i principali azionisti della sua banca quel matrimonio non s’ha da fare. Del Vecchio tira un sospiro di sollievo e guarda al triangolo magico con Mediobanca

Tutto congelato, fino alla prossima primavera quando si scioglieranno le nevi e sboccerà il grande risiko bancario che coinvolge Mediobanca e le Assicurazioni Generali. È questa, secondo una scuola di pensiero che piace a piazza degli Affari, la conseguenza più probabile del brusco stop al negoziato tra il ministero dell’Economia e Unicredit per il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena. Una bella grana: l’azionista del Tesoro, che possiede due terzi delle quote, dovrà sborsare altri miliardi di euro per ricapitalizzare la banca toscana e tenerla in vita, aspettando tempi migliori. Enrico Letta, il segretario del Pd neo parlamentare senese, si è detto convinto che usciranno presto nuovi acquirenti. Si sono fatti i nomi della banca Bpm e della Bper (controllata da Unipol), ma nessuna delle due è interessata, almeno per il momento.

 

Mario Draghi finora si è tenuto fuori: è una eredità dei governi precedenti della quale avrebbe voluto fare a meno. Nella legge di Bilancio per il prossimo anno, che verrà varata in settimana, ci sono tra i 7 e gli 8 miliardi per ridurre le imposte a tutto il mondo del lavoro e ce ne vogliono almeno due per il Montepaschi. C’è una logica in questa follia? In attesa di una risposta, ci si chiede che cosa abbia spinto Andrea Orcel l’amministratore delegato di Unicredit, a mettere il governo con le spalle al muro. Le risorse pubbliche (in ultima analisi, dei contribuenti) da girare alla banca milanese sono salite a mano a mano che procedeva l’analisi dei conti e dell’azienda bancaria senese, fino ad arrivare a una soglia (8,5 miliardi di euro) che il ministro Daniele Franco ha ritenuto eccessiva. Per i principali azionisti di Unicredit, tutti fondi di investimento internazionali, quel matrimonio non s’ha da fare. Era così quando a capo dell’azienda c’era il francese Jean Pierre Mustier e le posizioni non sono cambiate. Ma come la pensa un socio influente nonché grande cliente di Unicredit, quel Leonardo Del Vecchio che ha scalato Mediobanca (possiede ormai il 20 per cento) e sta scalando le Generali?  

 

È stato grande elettore di Orcel e ora tira un sospiro di sollievo (a meno che non abbia giocato un ruolo attivo nel far fallire la trattativa, ma questo non risulta). Il patron di Luxottica detiene quasi il 2 per cento di Unicredit, utilizzata come banca di riferimento e veicolo per le sue operazioni finanziere che partono dal Lussemburgo attraverso la Delfin. Non solo. È sempre più chiaro che ha in mente di favorire la nascita di un campione della finanza con radici che partono dall’Italia e si diramano in Europa, mettendo insieme una grande banca generalista, già forte nella Mitteleuropa (Unicredit), una banca d’affari dinamica che ha superato meglio di ogni altra le crisi e le peripezie finanziarie dell’ultimo decennio (Mediobanca) e uno dei principali gruppi assicurativi europei (Generali) che è stato frenato dal suo principale azionista, cioè la Mediobanca gestita da Alberto Nagel. Il Leone di Trieste è solido e robusto, però non ruggisce, ha bisogno di più proteine (fuor di metafora, di capitale) per non essere preda, ma diventare predatore, questa la tesi di Del Vecchio che ha stretto un patto con Gaetano Caltagirone: insieme posseggono oltre il 12,15 per cento di Generali rispetto al 12,82 di Mediobanca.

 

Il costruttore romano è stato azionista del Monte dei Paschi e ne è uscito dieci anni fa alla vigilia dello scandalo dal quale la banca senese non si è più ripresa. In quella occasione ha comperato l’1 per cento di Unicredit. Non è certo a digiuno di guerre per banche. L’acquisizione del Monte dei Paschi, per quanto finanziata dal governo, avrebbe il chiaro risultato di ingessare Unicredit per i prossimi anni: digerire Mps potrebbe diventare ancor più complicato di quanto non sia stato metabolizzare Capitalia. È interessante notare che il triangolo magico Mediobanca-Generali-Unicredit piace a banche d’affari come Morgan Stanley e agli analisti di Kepler Cheuvreux. Nella partita è entrata fin dal 2019, come advisor di Del Vecchio, anche JP Morgan il cui responsabile per l’Europa è Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro dopo Mario Draghi, candidato senza fortuna a prendere il suo posto alla Banca d’Italia, poi ministro dell’Economia. JP Morgan e Unicredit hanno appena firmato un accordo di collaborazione sui pagamenti negli Usa. Molti tasselli di un rompicapo ancora incompleto. Mps potrebbe diventare una pedina di scambio, per compensare magari gli eventuali oppositori e tacitare i concorrenti. Vasto programma, forse troppo vasto. Nessuno può escludere infatti che la situazione precipiti e sul Monte dei Paschi s’abbatta un’ondata di sfiducia. Il crollo di oggi in Borsa è un campanello d’allarme.