montagne e topolini
La criptovaluta di Facebook è solo un wallet piccino e disfunzionale
Novi, il cripto-portafogli di Facebook, è vittima della cautela di Menlo Park. Colpa dell'attenzione di media e Congresso sul colosso big tech. Il commento di Paolo Tasca, direttore del Centre for Blockchain Technologies dello University College di Londra
Prima della pandemia, Facebook aveva deciso di accettare la realtà dei fatti e comportarsi da superpotenza. Così, alla fine del 2019, annunciò due importanti novità che sembravano preludere alla formazione di uno stato-nazione: la Oversight Board, una “Corte suprema” che avrebbe discusso e deciso la sorte dei contenuti sulle piattaforme; e Libra, un sistema di pagamenti fondato sulla blockchain. Da allora l’Oversight Board si è ritrovata a giudicare il deplatforming dell’ex presidente Donald Trump dopo l’attacco di Capitol Hill, mentre Libra (“la moneta unica di Facebook”) è rimasta nascosta sotto la polvere. Fino alla scorsa settimana, quando il colosso ha presentato Novi, il topolino partorito dalla cripto-montagna. Novi è un semplice wallet, un portafoglio virtuale al cui interno si può custodire al momento una sola valuta (usdp), realizzata peraltro da un’azienda terza, e utilizzabile solo negli Stati Uniti e in Guatemala.
Non proprio quanto sognato inizialmente da Mark Zuckerberg, che tra uno scandalo e l’altro sta lavorando da tempo al Metaverso, l’internet del futuro, un po’ social un po’ realtà virtuale, talmente cruciale per il futuro del gigante da spingerlo a cambiare il nome della società (“Meta” viene dato come papabile). A Zuckerberg deve piacere cambiare nomi alle cose: la stessa Libra oggi si chiama Diem, mentre Novi era nata come Calibra e persino usdp, la valuta scelta dal gigante, aveva un altro nome, Pax Dollar.
Questo movimento ondivago tradisce un’incertezza alla base della blockchain di Zuckerberg. Secondo Paolo Tasca, direttore del Centre for Blockchain Technologies dello University College di Londra, il progetto è stato sin da subito preso di mira dalle agenzie finanziarie e dalle banche centrali di tutto il mondo, finendo per essere ridotto drasticamente. “La valuta – dice al Foglio – potrebbe destabilizzare i sistemi finanziari delle nazioni in via di sviluppo”. Al tempo stesso Facebook deve affrontare gli attacchi della “blockchain community”, che contestano il progetto perché “non supportato da una blockchain aperta”. Dall’annuncio di Libra a oggi il settore delle cryptovalute è esploso e imploso un paio di volte (in questi giorni è vicino ai massimi storici), applicando al mondo della finanza l’antico motto di Facebook: “move fast and break things”. Peccato che il gigante non possa più rompere quel che gli pare, essendo l’osservato speciale di mezzo Congresso americano, intrappolato tra la frangia Warren che vorrebbe “rompere” il gruppo e la destra repubblicana che si lamenta di fantomatiche censure e “shadowbanning”. Così Facebook si è mossa piano, cercando di rasserenare gli animi dei regolatori, e usando Novi come primo, timido piedino in un settore cruciale. Tanta cautela, arma inconsueta dalle parti di Menlo Park, potrebbe aver snaturato il progetto.
Secondo Tasca, “Facebook potrebbe giocare un ruolo nel settore crypto solo se sarà capace di decentralizzare il proprio protocollo cedendo ampie porzioni della sua governance agli utenti”. Ancora, non sembra proprio il Zuckerberg style. Al fondatore piace il Metaverso perché è una nuova frontiera da conquistare e monetizzare, altro che decentralizzazione; ma soprattutto perché ne ha urgente bisogno. Il giornalista Kevin Roose ha recentemente spiegato sul New York Times perché “Facebook è più debole di quanto pensiamo”, con ragioni che vanno dal plateau di nuovi utenti registrato dal social network e la concorrenza di TikTok, che lede Instagram.
Questa corsa al Metaverse sembra essere la fuga decisiva per l’azienda, che è “ben posizionata per conquistare un mercato da un trilione di dollari”, secondo Tasca. Rimane lo scarto, sempre più notevole, tra il progetto iniziale e la sua esecuzione, come dimostra il caso di Novi, modesto wallet nato da un piano finanziario globale che sembrava pronto a eclissare il dollaro. Forse anche per questo, proprio questo mese, Riyaz Faizullabhoy e Nassim Eddequiouaq, executive che avevano guidato il progetto di Novi, sono passati ad Andreessen Horowitz, gigante degli investimenti digitali. Basterà un rebranding a risolvere la situazione?