il report
L'economia circolare si è fermata a Roma
Servono cinque miliardi di investimenti per rendere capaci le regioni del sud di gestire i propri rifiuti, aumentando il recupero di materia e diminuendo la dipendenza dalle discariche. Senza nuovi termovalorizzatori, “tra meno di 3 anni si rischia una nuova fase acuta di emergenza”. Uno studio
Mezza Italia ha un problema enorme con la gestione dei rifiuti. L'effetto è sotto gli occhi di chi incontra per strada cassonetti pieni di monnezza (vedi Roma) e la causa, meno evidente, è la mancanza di impianti adeguati e tecnologicamente all'avanguardia. Il gap è così grande che per colmarlo servirebbero investimenti per cinque miliardi di euro. La stima l'ha elaborata Fise Assoambiente, focalizzandosi solo sulle regioni del sud Italia, che rispetto a quelle del nord sono molto indietro nel raggiungimento dei target europei fissati per il 2035. Entro quella data ogni paese dovrà raggiungere una quota di riciclo effettivo pari al 65 per cento, riducendo la quantità di rifiuti urbani conferiti in discarica fino al 10 per cento. Il primo obiettivo è quello di recuperare materia e per fare questo serve una spinta all'economia circolare che passa dall'ampliamento degli impianti esistenti e dalla costruzione di nuovi, là dove il paese ne è sprovvisto.
I numeri che su questo spaccato offre il report sono chiari. Prendiamo gli scarti legati al cibo, quindi i rifiuti organici: al sud la raccolta differenziata di questa frazione dovrà raddoppiare passando da 2 milioni di tonnellate (complessivamente racconti tra Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) a 4 milioni di tonnellate. Solo che già oggi a causa della carenza di impianti 571 mila tonnellate di questi rifiuti vengono portati fuori regione per essere trattati, con l'effetto non solo di generare inquinamento e traffico ma anche di far lievitare i costi a carico dei cittadini. Il fronte su cui il sud è più carente è quello che riguarda le nuove tecnologie: su 75 impianti, 67 sono in grado solo di fare compostaggio, mentre la sfida della transizione ecologica impone una crescita anche dal lato dei biocarburanti e della produzione di energia elettrica.
L'altro grande tema su cui gli obiettivi europei si scontrano con la realtà del mezzogiorno è quello del conferimento in discarica, che dovrà passare dal 31 al 10 per cento. Il tempo c'è: gli obiettivi sono fissati al 2035. Ma serve una pianificazione. E serve anche un approccio laico che sappia valutare l'opportunità data dalla valorizzazione energetica dei rifiuti per tutto quello che non si può recuperare come materia, su cui l'Ue ha fissato un target del 25 per cento. Al sud, ricorda il report, sono attivi solo 6 impianti – contro i 26 del nord Italia, di cui 13 solo in Lombardia – insufficienti per ridurre la dipendenza dalle discariche delle regioni meridionali. Secondo Assombiente servirebbero “almeno 5-6 grandi impianti di taglia medio-grande” per trattare un fabbisogno stimato di 2 milioni e 700mila tonnellate. L'alternativa non si presta a rinvii: “Se non si imprime un deciso cambio di rotta – dice l'associazione – tra meno di 3 anni le discariche saranno sature e si rischierà di vivere una nuova fase acuta di emergenza rifiuti”.