ANSA/MOURAD BALTI TOUATI  

I fondi europei

Sala lancia un allarme sul Recovery

Claudio Cerasa

“Ho l’impressione che la velocità di marcia, al momento, non sia quella adeguata”. Il sindaco di Milano spiega al Foglio perché la politica non può più cincischiare sul Pnrr. I timori di Gentiloni e quel dibattito che manca

Mercoledì pomeriggio, nell’indifferenza generale del nostro circo mediatico, alcuni tecnici della Commissione europea si sono presentati a Roma, in un’ala del palazzone del ministero dell’Economia in Via XX Settembre, per verificare insieme ai tecnici dei vari ministeri lo stato dell’arte di una partita economica dieci volte più importante rispetto alla manovra appena approvata dal governo: il Pnrr. I risultati dell’incontro tra i delegati della Commissione e i tecnici del governo, capitanati dal segretario generale di Palazzo Chigi (Roberto Chieppa), dal capo dell’unità di missione del Mef deputato al coordinamento dei piani del Recovery (Carmine Di Nuzzo) e dalla coordinatrice della segreteria tecnica del Pnrr (Chiara Goretti), non sono pubblici. Ma diverse fonti che hanno partecipato a quei colloqui offrono al Foglio buone ragioni per credere che il tema dell’implementazione del Recovery da parte delle strutture del governo sia considerato dalla Commissione (che oltre a giudicare i target giudica, cosa che alcuni ministeri non avevano previsto, anche la progressione delle riforme) un problema da non sottovalutare.

E se si osservano i target (sono ancora 43 quelli da raggiungere) che ha di fronte a sé il governo da qui alla fine dell’anno (target non da poco, come l’entrata in vigore della legislazione attuativa per la riforma del processo civile e l’entrata in vigore della legislazione attuativa per la riforma della legge quadro in materia di insolvenza), se si osserva il numero non indifferente di bandi non ancora messi a disposizione dei comuni (dall’edilizia scolastica al trasporto pubblico), se si osserva l’iter difficoltoso che hanno alcuni decreti decisivi per far partire i progetti dei comuni (non è ancora entrato in vigore il decreto ministeriale finalizzato a definire i criteri di selezione dei progetti proposti dalle municipalità) si capirà bene perché esista a Bruxelles la preoccupazione che nonostante Draghi il destino dei fondi europei legati al Recovery possa fare una fine simile a quella che hanno fatto tra il 2014 e il 2020 i fondi strutturali europei, che l’Italia è riuscita a utilizzare solo al 38 per cento, facendo segnare in Europa un primato negativo.

Nasce da qui una preoccupazione espressa ad alta voce giovedì pomeriggio a Bologna da Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’Economia, convinto – come conferma a questo giornale – che vi sia la sensazione che il sistema Italia, nonostante gli impegni importanti assunti dal governo, consideri i quattrini che arriveranno dall’Europa come già incamerati e non legati al lavoro che si dovrebbe fare settimana dopo settimana. “L’Italia – ha ribadito Gentiloni – ha una responsabilità particolare perché ha una somma di circa 200 miliardi di euro da mettere a terra nei prossimi 4 o 5 anni e conoscendo le  difficoltà del nostro paese nell’assorbimento dei fondi europei certamente non è facile”. La preoccupazione del commissario è simmetrica a quella che arriva da alcuni tra i grandi comuni d’Italia dove il timore dei sindaci è quello di non avere il tempo, fra iter arzigogolati, bandi in ritardo e burocrazie in affanno, di far partire i progetti legati ai comuni entro la data prevista dal Pnrr: il 2023 (data entro la quale i progetti devono essere già appaltati).

“Io – dice al Foglio il sindaco di Milano Beppe Sala – come del resto tutti i candidati a sindaco dell’ultima tornata elettorale, ho costruito la mia campagna sull’idea che con le risorse del Pnrr si potessero rigenerare le nostre città. Ora va data certezza, non solo come consistenza dei fondi, ma anche come timing di erogazione: ho l’impressione che la velocità di marcia, al momento, non sia adeguata. Ricordo che i fondi vanno integralmente impegnati entro la fine del 2023, che con i tempi della Pubblica amministrazione è domani mattina”. Il Pnrr è la più importante sfida economica della storia recente dell’Italia. I sindaci lo hanno capito e chiedono un sostegno per non essere lasciati soli. Sarebbe l’ora che anche i leader di partito, una volta finito di litigare sulle minuzie, scegliessero di dedicare tutte le proprie energie per litigare un po’ meno sulle pensioni e un po’ più sul Recovery. È ora di svegliarsi.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.