il vertice dei ministri delle Finanze
Inflazione e clima sono gli elefanti nella stanza del G20
I leader riuniti a Roma provano a pensare oltre la pandemia. Il draft “Financial Track” e le visioni differenti tra Fed e Bce su quanto sia strutturale l’aumento dei prezzi
Lo stato dei fatti ha voluto che al G20 di Roma i ministri dell’Economia si riunissero simbolicamente assieme a quelli della Sanità, in genere sulla barricata opposta. Ma il Covid ha rimescolato ogni carta. E dunque ieri, padroni di casa Daniele Franco e Roberto Speranza, tutti si sono incontrati per una photo opportunity al Campidoglio e dopo nel salone delle Fontane, uno dei gioielli razionalisti dell’Eur. Assente giustificata Janet Yellen, segretaria al Tesoro americana ed ex presidente della Federal Reserve, che accompagnava Joe Biden al Quirinale. Spese sanitarie padrone dell’agenda economica per un summit che, nato nel 1999 per risolvere i contrasti finanziari delle grandi potenze, ha visto per un decennio riunirsi solo ministri e banchieri centrali finché il 2008 ha fatto salire il livello ai capi di stato e di governo.
Vero in apparenza. Il draft denominato “G20 Finance Track” è pronto dal 13 ottobre, sottoscritto a Washington negli uffici del Fondo monetario internazionale dai diretti interessati, dopo essere stato aggiornato, per non dire sconvolto, in quattro riunioni sotto la regia italiana. La più importante a Venezia il 10 luglio sulla tassazione al 15 per cento delle multinazionali. Allora il format fu allargato e tre paesi europei, Ungheria, Estonia e Irlanda, non firmarono. Ma Dublino ha sottoscritto a inizio ottobre, una svolta per un paese ritenuto un paradiso fiscale delle holding. Inserita da Biden nel discorso televisivo che ha preceduto la partenza per Roma – assieme all’aliquota del 23,8 per cento sui guadagni di Borsa di circa 700 miliardari con redditi oltre i 100 miliardi per tre anni consecutivi – la minimum tax è servita a rafforzare il budget presidenziale climatico, fiscale e di welfare, presentato in extremis al Congresso e al Partito democratico, il tutto per portare a Roma e al summit climatico di Glasgow il pacchetto americano da 1.750 miliardi di dollari. Egualmente l’Unione europea inserirà nell’agenda romana di oggi il “Fit for 55”, un piano di riforme finanziate in parte con il Next Generation Eu, 800 miliardi destinati a vari paesi (Italia in testa) purché varino misure fiscali credibili e sostenibili per l’ambiente.
Tutte queste sigle possono far perdere la bussola, ma il succo è che Bruxelles sta emettendo Eurobond, per un terzo “green”, e la Bce intende comprarli. Su questo punto però la Banca centrale europea non va d’accordo con la Fed: Christine Lagarde ha ripetuto giovedì che non considera strutturale l’inflazione (in Italia ieri l’Istat l’ha misurata al 2,9 per cento a ottobre, rispetto al 4,1 nella Ue; oltre Atlantico è al 5,4), tale da far cambiare rotta alla politica monetaria espansiva. Ma la Fed non la pensa così. L’aumento dei prezzi americano va oltre l’“energy crunch” dovuto a petrolio, gas e alla crisi delle materie prime che l’occidente sospetta sia manovrato da Cina e Russia. Cioè i grandi assenti fisicamente – ci saranno in video, come il Giappone – a Roma e a Glasgow. Eppure secondo un’analisi di Bloomberg la Cina inquina quanto America, Russia, India e Giappone assieme, emettendo ogni anno 13 miliardi di tonnellate di anidride carbonica rispetto ai 6,6 degli Stati Uniti e ai 6 dell’Europa. Ma questo capitolo è stato stralciato dal lavoro dei ministri finanziari: saranno i leader, se lo vorranno, a occuparsene. Mai come oggi la crescita (nel terzo trimestre l’Italia registra un + 2,6 per cento con pil già acquisito nel 2021 al 6,1) è collegata agli investimenti, che devono essere ecosostenibili, ma sono influenzati dall’inflazione da una parte e dalla carenza di materie prime dall’altra. Il tutto in un mondo ancora non uscito dalla pandemia, anzi.