Pro e contro
Con l'euro digitale arriva anche diem, la criptovaluta di Zuckerberg
Tra i contanti e i bitcoin, presto potremmo preferire i secondi. Ma solo in linea teorica: chi ci dice che il loro valore resti ancorato a quello delle monete a corso legale? Le garanzie fanno la differenza
Se stiamo leggendo il giornale su carta, probabilmente lo abbiamo pagato in contanti. Se invece lo stiamo leggendo in elettronico, lo abbiamo quasi certamente acquistato utilizzando una carta di pagamento. Presto, potremmo essere in grado di pagarlo sia all’edicola sia online utilizzando gli euro elettronici, emessi dalla Bce, oppure usando diem, la criptovaluta del consorzio guidato da Mark Zuckerberg.
Al di là delle specificità del dibattito italiano sul cashback, come cambierà il modo di pagare è un tema di crescente attualità in tutto il mondo. Lo scorso venerdì ne ha parlato Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Bce e responsabile del progetto dell’euro digitale, all’Elcano Royal Institute di Madrid. Il 13 ottobre ne aveva parlato Piero Cipollone, vicedirettore generale della Banca d’Italia, al convengo sui pagamenti organizzato da Assonebb. Come prevedibile, i banchieri centrali sono favorevoli all’euro digitale. Ma le loro argomentazioni sono convincenti? Perché non dovremmo preferire criptovalute emesse da imprese private che operano in concorrenza sul mercato?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un passo indietro e chiederci perché attribuiamo alla moneta un valore, siamo cioè disposti ad accettarla in cambio di qualcosa di tangibile, come un bene o un servizio. Il valore non è intrinseco nella moneta che usiamo: una banconota è un pezzo di carta. Il valore dipende dal fatto che siamo ragionevolmente certi che qualcuno accetterà in futuro la stessa moneta in cambio di un altro bene o servizio. Attraverso la moneta possiamo scambiare una prestazione che offriamo oggi con un bene che acquistiamo domani, superando i limiti che ci sarebbero imposti se fossimo costretti al baratto. È grazie alla moneta se, quando si rompe un rubinetto in casa, non devo trovare un idraulico interessato a una mia lezione di economia. La moneta è cioè un mezzo di scambio.
Se ci fossero più monete, dovremmo quindi scegliere il miglior mezzo di scambio. Tra il contante e diem, la moneta di Zuckerberg, potremmo preferire diem, perché è più facile da usare attraverso i nostri account social per pagare su internet o nei negozi, o anche per accreditare la paghetta nel portafoglio elettronico di nostro figlio quando è in gita scolastica. Ma se guardiamo alla probabilità che la moneta che noi accettiamo oggi per un pagamento verrà a sua volta accettata in futuro quando saremo noi a dover pagare, probabilmente dovremmo preferire il contante, la moneta a corso legale. Le banche centrali hanno infatti come mandato di garantire che un certa quantità di moneta possa essere scambiata per una quantità sostanzialmente costante nel tempo di beni e servizi.
Potrebbe essere lo stesso con le criptovalute? Chi garantisce che la quantità di beni che potremo acquistare domani con diem sia quello che ci aspettavamo quando li abbiamo accettati come pagamento? Nel caso di criptovalute come i bitcoin non ce lo garantisce nessuno, e proprio per questo i bitcoin non sono un efficacie strumento di pagamento. Altre criptovalute, le stablecoin come diem, promettono invece di mantenere il loro valore ancorato a quello di una o più monete a corso legale. Possiamo essere certi che sarà così? La storia ci ha insegnato che quando sono presenti più monete con un identico valore nominale, raramente la parità di valore è garantita. Le recenti notizie su Tether, attualmente la più diffusa stablecoin a livello mondiale, non sembrano prospettare una situazione molto diversa.
Alberto Pozzolo
Università Roma Tre