La vera fonte del populismo? È il partito della spesa
Giocare con i debiti significa generare rancore. Pandemia e leader. Indagine su un cane che si morde la coda
La classe politica italiana, probabilmente senza essere conscia degli effetti pericolosi del suo operato, sta trasformando il sentimento collettivo della maggioranza dei cittadini verso l’insoddisfazione, la rabbia, il populismo e la ricerca continua di un “partito messia” che possa migliorare la loro situazione, straordinariamente ottima se confrontata con la maggior parte dei paesi mondiali ma pessima agli occhi di un popolo cui si predicano solo diritti. E così, dopo i lunghi anni del bipolarismo Prodi-Berlusconi, i cittadini hanno cercato spasmodicamente un leader che desse loro quello che spesso e in modo mendace o inconsapevole dei rischi la politica definisce “le risposte che gli italiani si meritano”.
La travolgente avanzata del Pd di Renzi che raggiunse nel maggio del 2014 un consenso del 40 per cento alle europee si concluse il 7 dicembre del 2016 con un Pd in forte calo di consensi; e questo nonostante Renzi avesse introdotto il bonus giovani da 500 euro, agevolazioni contributive per oltre 10 miliardi per le assunzioni e soprattutto il bonus da 80 euro che porta il suo nome e che costa al paese circa 10 miliardi l’anno dal 2016. Insomma una montagna di soldi che però non ha soddisfatto le brame del popolo che in una indagine di quei mesi giudicava il nostro servizio sanitario nazionale “insufficiente”.
Un popolo cattivo e severo? No, solo una popolazione a cui hai promesso la luna e che quindi è insoddisfatta anche di uno dei migliori sistemi sanitari mondiali, peraltro totalmente gratuito nel senso che per garantire la sanità a circa il 60 per cento dei cittadini che non pagano quasi nulla di Irpef il restante 40 per cento deve sborsare 54 miliardi oltre naturalmente a pagarsi la propria quota sanitaria. L’assetato popolo si invaghisce di chi promette un reddito certo per tutti e un posto fisso per tutti incurante che il debito pubblico sia aumentato al 132 per cento del pil. È un plebiscito in Sicilia e un enorme successo a livello nazionale con oltre il 34 per cento di share; il maggior partito in parlamento che conquista anche Roma e Torino.
Durante la stagione del governo Conte 1 e 2, un disastro per la povera Italia, le promesse dei capi e capetti di tutti i partiti si moltiplicano e con esse la rabbia degli italici che insoddisfatti voltano le spalle al M5s in meno di un anno e mezzo (Renzi era durato almeno tre anni e Berlusconi nei suoi ultimi due governi, oltre 9) e si innamorano della Lega di Salvini che tra quota 100, cancellazione e rottamazione delle cartelle esattoriali (leggasi condono), alle europee del 2019 raggiunge il 37 per cento, meno di tre punti dal record Renzi.
Le promesse continuano e sono talmente tante e insostenibili finanziariamente che buona parte di esse non viene mantenuta aumentando così il rancore degli italiani verso la politica. Cala Salvini che già nel 2020 è intorno al 20 per cento, un dimezzamento come per Renzi e sale l’innamoramento per “io sono Giorgia”; la Meloni con una serie di richieste molto popolari raggiunge e supera la Lega anche se di poco e così si scatena la bagarre ne centro destra a chi la spara più grossa in termini di promesse. Complice il Sars-Cov-2 il debito sale al 153 per cento.
Oggi, nonostante i 159 miliardi di nuovo debito accumulato nel 2020, durante la stagione disastrosa del Conte 2, per cassa integrazione, Naspi, Discoll, Reddito, pensione di Cittadinanza e di emergenza, bonus di ogni genere e i 137 miliardi di nuovo debito 2021 (2.706 a settembre), i partiti veleggiano tutti sotto il 20 per cento (M5S, Lega, FdI e Pd). Eppure, nonostante questi dati disastrosi prosegue la corsa sfrenata a chi propone nuove categorie da beneficiare con sconti fiscali, bonus, rinvio nel pagamento di contributi e imposte.
Salvini, in calo di consensi interni e esterni nel suo tentativo di portare la Lega verso l'estrema destra europea (povero Bossi) ha scoperto i separati come nuova categoria di bisognosi a cui peraltro appartiene ma senza problemi economici. Il panel dei politici e delle richieste per accaparrarsi voti e consensi è ormai trasversale e nessuno dei proponenti si pone i seguenti problemi: a) chi paga; b) che Italia lasciamo ai giovani visto che la maggio parte delle spese, comprese quelle della finanziaria targata Draghi (sigh) sono a debito.
Ma quel che più preoccupa è il tono, la motivazione e le giustificazioni adottate dai politici nel fare le loro proposte: zero doveri, tutti diritti e proposte che si attagliano più a popolazioni in via di sviluppo che agli italiani. Infatti, sentendo la politica, sembra che i nostri concittadini siano in condizioni di estrema povertà (5 milioni di poveri assoluti e 9 di relativi, un bilancio da rivoluzione Francese), di fame (le code alla Caritas), assenza di assistenza sanitaria, e così via. Ma guardando le spese degli italiani non sembra proprio: per citarne alcune, oltre 120 miliardi nel gioco d’azzardo, 10 miliardi per maghi e fattucchiere, 16 miliardi in abbonamenti Sky, Dazn, Now, Spotify pagato anche con il bonus cultura, quasi 78 milioni di abbonamenti alla telefonia mobile (il 128 per cento della popolazione neonati compresi), il 97 per cento degli italiani ha almeno telefonino e oltre 90 miliardi per mangiare fuori casa. Non male per un popolo povero cui occorre dare anche il bonus terme, la più grande idiozia mai pensata assieme alla paghetta di stato dell’Auuf.
Ma cosa significa una informazione politica corretta? Significa dire la verità agli italiani che non sono così poveri come politica, media e influencer vari la dipingono. Sulla nostra Terra siamo in 7,7 miliardi; solo un abitante su 6 (meno del 17 per cento) ha tutto ciò che abbiamo noi: acqua corrente potabile, servizi igienici, energia elettrica sempre, televisioni, giornali e soprattutto la libertà, la democrazia e la “protezione sociale”: il welfare, gli ospedali e la copertura dai tanti rischi; istruzione e cibo compresi. In molte parti del mondo si vive con meno di 2 dollari al giorno, gli ospedali sono un miraggio per pochi così come la scuola spesso a pagamento; il futuro è solo una parola senza grande significato. Solo quindi 1,2 miliardi di individui hanno una qualche forma di protezione sociale; ma quelli che possono avere il welfare italiano sono nel mondo poco più di 600 milioni. Basterebbe questo per chiedere agli italiani meno diritti e più doveri; lavorare, pagare le tasse (siamo al primo posto per evasione fiscale), smettere di essere esportatori abituali di malavita organizzata; ma soprattutto imparare che lo stato siamo noi. E quando la politica promette, popolo e media devono chiedere: “Chi paga”?
*Alberto Brambilla è presidente di Itinerari previdenziali