Mancano i lavoratori: approfittiamone, altro che scioperi!
I posti di lavoro vacanti nell’Unione europea sono saliti al livello più alto dal 2011 e questa è anche una delle cause dell'inflazione. La pandemia ha acuito il mismatch tra offerta e domanda
I posti di lavoro vacanti nell’Unione europea sono saliti al livello più alto dal 2011, riporta Eurostat. E’ il fenomeno opposto alla mancanza di lavoro, a sua volta causa prima della disoccupazione: oggi in Europa c’è più offerta che domanda, il 2,4 per cento è quella inevasa, il 2,6 nella sola area euro. Nel 2011 l’indice era intorno all’1,5. Situazione che riguarda l’intera Ue e che in Italia si ferma all’1,8 per cento. Il boom di richieste sul mercato del lavoro dipende dal rimbalzo dell’economia dopo il tonfo del 2020. Le imprese non riescono a trovare personale, con record al 5 per cento nella repubblica Ceca, a seguire Belgio, Olanda, Germania, Francia e Italia. Invece il divario è minimo in Grecia e Spagna. Eurostat non dice quali figure professionali manchino al mercato del lavoro, mentre un’indagine di pochi giorni fa del governo americano focalizza la mancanza di personale nella grande distribuzione, logistica e trasporti. Situazione che sta determinando in quei settori l’impennata degli stipendi e della produttività. Ma poiché le aziende scaricano i costi sui prezzi, aumenta l’inflazione. In Italia un focus è stato effettuato da Unioncamere e Anpal nel rapporto Excelsior di ottobre: le imprese cercavano 505.000 lavoratori, soprattutto nel settore Ict (informatica e comunicazioni). Eppure i disoccupati sono 2,4 milioni. La previsione era di 1,4 milioni di nuovi contratti da attivare per fine anno: ora che ci siamo, confidiamo nell’inizio del 2022. Il mismatch tra offerta e domanda non è certo nuovo, ma la pandemia l’ha acuito, soprattutto per i profili più specializzati e le libere professioni, tra le quali si segnalano 38 mila chiusure di attività, in gran parte volontarie. Per chi non si può permettere di stare a casa come scelta di vita le opportunità sarebbero ottime, sia per guadagno sia per percorso professionale. Mentre le aziende dall’innalzamento delle specializzazioni guadagnerebbero in produttività. Perché non focalizzarsi su questi percorsi virtuosi invece di rincorrere come sempre le pensioni e i bonus?