lo strappo
Caltagirone lascia Generali. Scontro nel Cda
Il vicepresidente del Leone di Trieste si dimette dopo 12 anni al vertice. Impossibile "dare il proprio contributo critico e assicurare un controllo adeguato", spiega in una nota. Lo strappo con Mediobanca prima del rinnovo del consiglio
Il vicepresidente e consigliere di amministrazione Francesco Gaetano Caltagirone si è dimesso ieri sera dal cda di Generali. Uno strappo definitivo, che arriva dopo mesi di guerra per niente celata con Mediobanca sulle scelte strategiche per il futuro della società di assicurazioni. Nel comunicato stampa che informa della decisione i toni sono duri: Caltagirone fa sapere che "la sua persona sarebbe palesemente osteggiata, impedita dal dare il proprio contributo critico e ad assicurare un controllo adeguato". Di contro, la replica del presidente Gabriele Galateri di Genola sostiene che "le motivazioni addotte non possono che essere categoricamente respinte avendo la società sempre condotto la sua attività secondo criteri di assoluta trasparenza e rigorosa correttezza".
La scelta di Caltagirone, da 12 anni al vertice della compagnia, matura in un clima di dura polemica con Mediobanca che vede contrapposti gli azionisti “privati” italiani legati da un patto di consultazione, Leonardo Del Vecchio, Francesco Gaetano Caltagirone, la Fondazione Cassa di risparmio di Torino – che insieme rappresentano circa il 16 per cento del capitale – e l'istituto di Piazzetta Cucccia, a sua volta alleato con fondi come Algebris e con in prestito azioni da Bnp Paribas, che è il primo azionista con oltre il 17 per cento del capitale.
La posizione di Caltagirone sull'attuale amministratore delegato e sulle scelte del Cda non è un mistero: quando a settembre è passata in maggioranza la decisione di presentare una lista per il rinnovo del board ricandidando per un terzo mandato l'attuale amministratore delegato Philippe Donnet, in carica dal 2016, il vicepresidente oggi dimissionario non ha nascosto la sua contrarietà. I pattisti contestano a Donnet e a Mediobanca di aver compiuto scelte sbagliate sacrificando la redditività del titolo e la capacità della società di competere con i rivali del settore come Axa, Allianz e Zurich, grandi colossi rispetto al Leone di Trieste. Nella nota diffusa ieri sera, è tornato sul punto anche il presidente, ribadendo la correttezza delle procedure adottate "anche relativamente ai lavori per la presentazione di una lista per il rinnovo del consiglio, di cui ha costantemente informato le autorità di vigilanza".
Ora la partita sul rinnovo del consiglio di amministrazione resta aperta in vista dell'assemblea di fine aprile 2022, ma il fronte degli azionisti privati italiani potrà contare su una poltrona in meno.