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Non solo Generali. Così Savona tiene in ostaggio la Consob

Fabio Bogo

Partite decisive, arbitro incerto, cda diviso. Il disastro dell’autorità che vigila il mercato spiegato carte alla mano

Dicono che il primo compito degli addetti del palazzo di piazza Verdi a Roma, sede della Consob, sia quello di interpretare l’umore del giorno del presidente Paolo Savona, e riferirlo al collegio dei commissari, per prepararli alla giornata che li aspetta. Perché l’umore del numero uno è diventato – progressivamente – sempre più mutevole. E quindi sempre meno decifrabile. Cosa pericolosa se si guida l’autorità che sorveglia il mercato e tutela gli investitori, difende la trasparenza del mercato, punisce gli abusi. Un ruolo che impone mano ferma: barra dritta nelle decisioni, capacità di convincimento, forte appoggio sulle norme del diritto, raggiungimento dell’unanimità nelle decisioni collegiali. Paolo Savona pare non possederla, o perlomeno averla al momento smarrita. Il che rappresenta un problema per la Consob. Soprattutto adesso che l’Autorità che dirige deve scendere in campo per arbitrare la più importante partita della finanza italiana, quel crocevia dove adesso si incrociano le strade del sangue blu di Generali e Mediobanca e di quello di più fresca generazione (ma di solida  e personale ricchezza) di Francesco Gaetano Caltagirone e di Leonardo Del Vecchio.

   

Usando una metafora calcistica: la partita è decisiva, ma l’arbitro è incerto. E non ascolta nemmeno il Var. I contendenti, nella partita che ha come premio il controllo del gigante di Trieste, sono noti. Da un lato Mediobanca e il cda uscente di Generali: propongono per l’assemblea di aprile una lista di consiglieri espressione dello stesso cda uscente. Dall’altro in primis Caltagirone, e di supporto Leonardo De Vecchio: si obietta che così facendo si autoperpetua la struttura di comando, del cui operato strategico non sono notoriamente soddisfatti. Consob, chiamata in causa, deve decidere nella disputa. Ma butta la palla in angolo, ricorrendo a un “richiamo di attenzione” e a una consultazione tra gli stakeholder. Primo dubbio in una commissione (quattro membri più il presidente) sempre più divisa al suo interno: “La richiesta di attenzione è un atto di vigilanza. Cosa ha a che vedere la consultazione pubblica con la vigilanza?”. Si chiede quindi parere agli uffici competenti, il Var calcistico, appunto.

 

Interpellata, la Divisione Corporate Governance, Ufficio controlli societari e tutela dei diritti dei soci, presenta tre relazioni, il 30 settembre, il 28 ottobre ed il 12 novembre dello scorso anno. Sono tre lunghe elencazioni di motivi giuridici, con annessi i pochi riferimenti giurisprudenziali assimilabili al caso: c’è in realtà una sola sentenza del 2007 che ha giudicato illegittima la clausola statutaria relativa alla presentazione di una lista di candidati sindaci da parte del cda come espressione della sola. Per il resto la materia è fluida. Ciò non impedisce però alla Divisione Corporate di lanciare i suoi allarmi. Il primo già il 30 settembre.

 

Si legge nella prima relazione: “La facoltà del cda uscente di presentare una propria lista appare non coerente con assetti proprietari caratterizzati dalla presenza di un azionista in grado di esercitare il controllo in via solitaria, o di una pluralità di azionisti legati da un patto parasociale”. Questo pregiudicherebbe “la possibilità per i soci di minoranza di nominare propri candidati”. Comunque la Divisione propone di approvare la “Richiesta di attenzione”a beneficio “della generalità degli emittenti”.

 

Si va avanti, dunque. Il 28 ottobre si arriva però ad una relazione integrativa, che entra nel merito della vicenda Generali-Mediobanca-Caltagirone. La Direzione Corporate analizzati i fatti e i quesiti posti dall’azionista Caltagirone, propone alla Commissione di risolvere la questione così. Innanzitutto premettere che “la Consob non si esprime sulla legittimità della clausola statutaria che consente al consiglio uscente di presentare una lista di candidati alla nomina dell’organo amministrativo, in quanto ciò esula dalle sue competenze”. Poi però di rilevare ancora la non coerenza della facoltà del cda uscente di presentare una lista per il rinnovo, e di sottolineare come emergano anche “profili di criticità in termini di correttezza e completezza dell’informazione fornita al mercato”.

 

Infine, riguardo al fatto se possa configurarsi un’azione di concerto tra soci forti (sottoscrivendo un prestito titoli Mediobanca “ha manifestato la volontà di incidere sulla prossima nomina del cda”) l’ufficio sostiene che “non è possibile individuare ex.ante presidi procedurali o sostanziali tali da poter escludere preventivamente la sussistenza di un’azione di concerto e la potenziale applicazione della disciplina dell’Opa obbligatoria”. La temperatura in Commissione Consob si alza. E la Direzione Corporate deve intervenire ancora con una ulteriore relazione integrativa.

 

Ecco cosa scrive a novembre:

1) “Una lista del cda in società soggette al controllo di un’azionista che ha nominato la maggioranza degli amministratori presenta evidenti e non risolvibili problemi di opacità sul processo di scelta delle candidature; pertanto sono evidenti e forti i rischi che la presentazione di una lista del cda possa nascondere nascondere patti occulti con altri azionisti, anche al fine di evitare obblighi connessi alla disciplina dell’Opa”

2) “non è possibile escludere preventivamente la sussistenza di un’azione di concerto”, ma la Direzione aggiunge con una prosa un po’ contorta che “accogliendo l’indicazione proveniente dalla Commissione”, allo stato non sembrano emergere sussistenti indizi di un concerto tra azionisti.

Un colpo al cerchio e uno alla botte, insomma.

     

Le relazioni consegnate alla Commissione sembrano chiare. Perché allora la Consob ancora non ha deciso (“Si poteva risolvere tre mesi fa”, confida un dirigente, “per rispetto degli investitori”) e ha avviato una procedura di richiamo d’attenzione? Soprattutto perché è spaccata al suo interno. Le voci parlano di Carmine Di Noia, in uscita, e Chiara Mosca, di fresca nomina, su un lato del tavolo; dall’altro Giuseppe Maria Berruti e Paolo Ciocca. E’ decisivo quindi il voto del presidente Paolo Savona. Che però, raccontano sempre le stesse fonti, non vuole uscire allo scoperto e quindi prende tempo. Che però sta per scadere. Al posto di Di Noia sta arrivando Carlo Comporti. Lo ha scelto Draghi. Per la Consob tra un mese la musica cambierà. E l’arbitro lo sa. Deve decidere se fischiare la fine (ieri il caso era all’ordine del giorno dei commissari) o far giocare ancora tempi supplementari che il mercato certo non gradisce.
 

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