Generali che perde pezzi in cda rende inevitabile una domanda: i Benetton che fanno?
La famiglia di Ponzano veneto presto dovrà decidere se schierarsi: con il trio Caltagirone-Bardin-Pucci o con Mediobanca e la lista del cda?
C’è un nuovo colpo di scena nella battaglia per il controllo delle Generali. Si è dimessa ieri dal consiglio del Leone Sabrina Pucci, membro indipendente sebbene sia stata considerata in più occasioni vicina alla Fondazione Crt che insieme con Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo del Vecchio ha sottoscritto un patto di consultazione per chiedere un cambio di passo nella gestione della compagnia triestina. Ma proprio la sua vicinanza alla Fondazione torinese era stata smentita in modo netto dallo stesso ente quando lo scorso dicembre la professoressa Pucci (dal 2005 è ordinario di Economia aziendale all’Università Roma Tre), essendosi espressa a favore del nuovo piano presentato dall’ad Philippe Donnet, aveva fatto presagire un’incrinatura nello schieramento dei soci dissenzienti, che invece non c’era. In questa vicenda, infatti, Sabrina Pucci è andata sempre avanti per la sua strada, non solo approvando la strategia di Donnet quando Caltagirone la bocciava platealmente e Romolo Bardin (in rappresentanza di Del Vecchio) si asteneva, ma accettando di entrare a far parte dello speciale comitato che da Generali è stato istituito per procedere alla formazione della famosa lista del cda, che nei giorni scorsi ha ricevuto il via libera dalla Consob. A maggior ragione, dunque, non si riescono a comprendere i motivi delle sue dimissioni che in una lettera sono stati definiti “del tutto personali”, a differenza di quanto comunicato dalla compagnia triestina che ha sintetizzato con “personali”.
Alla domanda che per tre volte durante la riunione della scorsa settimana le era stata rivolta dal presidente, Gabriele Galateri di Genola, su come mai avesse all’improvviso deciso di lasciare il comitato per la nomina del consiglio, Pucci non ha risposto facendo intendere che il suo disimpegno sarebbe stato a tutto campo. Dopo pochi giorni, infatti, sono arrivate le dimissioni ufficiali dal cda del Leone che in queste ore sta meditando sull’opportunità di reintegrare tutti e tre i consiglieri dimissionari (Caltagirone-Bardin-Pucci), pur non avendone l’obbligo formale, in attesa dell’assemblea di fine aprile. I segnali che in quella sede si arriverà a uno scontro totale per il controllo di Generali ci sono tutti, ora che i pattisti stanno lavorando non solo per bilanciare il distacco (ormai cortissimo) con il socio di controllo Mediobanca in termini di quote possedute, ma per proporre all’assemblea una lista alternativa in grado di imprimere il cambiamento a cui aspirano.
Nomi e piani sono per ora top secret, anche se qualcosa in più si potrebbe sapere nelle prossime settimane, come pure è plausibile ipotizzare che un fronte di dialogo si sia a questo punto aperto con la famiglia Benetton, che del Leone detiene quasi il 4 per cento. Il riassetto di Edizione Holding con la nomina del figlio di Luciano, Alessandro Benetton, alla presidenza sancisce la ritrovata unità di vedute della dinastia di Ponzano Veneto e la presa di potere della seconda generazione che si è data regole precise sul piano strategico. E’ il nuovo statuto, infatti, a indicare che le priorità sono Atlantia, Autogrill e Benetton Group, mentre la gestione delle partecipazioni finanziarie, compresa quella nel gruppo Generali, non sarebbe in cima alla lista dei pensieri del nuovo cda che si insedierà i primi di febbraio.
Ma fino a quando la famiglia Benetton potrà stare alla finestra? Decidere se dare manforte al patto Caltagirone-Del Vecchio-Fondazione Crt, oppure schierarsi con Mediobanca e la lista del cda diventerà presto un dossier da affrontare. Negli ambienti di Ponzano Veneto non si esclude a priori di poter sostenere l’inizio di una nuova èra per Generali, ma molto dipenderà dalle proposte che arriveranno dai pattisti. E per questo, a quanto si vocifera, non mancherebbe molto.