l'esclusiva
Ecco cosa vuole fare Draghi per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia
Cingolani e Di Maio sfidano i tabù sull’energia. Storia in anteprima di quattro accordi importanti per differenziare gli approvvigionamenti dell'Italia e rendere il paese più sicuro
Nella giornata di ieri, in due momenti diversi, due ministri del governo Draghi hanno usato parole interessanti, e per certi versi sorprendenti, per affrontare un tema divenuto nuovamente centrale all’indomani dell’aggressione russa in Ucraina. Il tema, neanche a dirlo, riguarda l’assetto energetico dell’Italia, e in modo specifico la dipendenza dalla Russia di alcune importanti rotte di approvvigionamento del nostro paese, e i due ministri di cui vale la pena riportare alcune parole sono il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.
Cingolani, nel corso di un’audizione alla Camera, ha ammesso che la crisi in Ucraina costringe l’Italia ad “accelerare la necessità di ulteriori interventi strutturali”. E all’interno di questa accelerazione, che riguarda naturalmente in primis il gas (l’Unione europea importa il 40 per cento del gas dalla Russia, l’Italia il 44) le parole d’ordine sono due: “Incrementare la produzione nazionale sui giacimenti esistenti” e impostare “una riflessione sull’energy mix” (“accelerare le rinnovabili non basterà, abbiamo l’obbligo di pensare e di simulare tutti gli scenari possibili, senza precludercene alcuno”). Neutralità, dice Cingolani sfidando l’ideologia dell’ambientalista collettivo, significa stabilità e indipendenza. E per capire il modo in cui l’Italia, in una situazione di doppia crisi come quella che sta vivendo l’Europa, fra tensioni in Ucraina e inflazione alle stelle, potrà investire sul tema della diversificazione energetica e sul tema dell’incremento della produzione di gas vale la pena allargare l’obiettivo su un passaggio contenuto nell’informativa sulla crisi in Ucraina offerta ieri al Senato dal ministro Di Maio. “L’attuale impatto di questa crisi sui prezzi – ha detto ieri il ministro degli Esteri – ci conferma l’esigenza di un coordinamento europeo non solo nella fase di stoccaggio del gas ma soprattutto nella fase di formazione dei contratti di fornitura”.
La frase di Di Maio non rientra all’interno del wishful thinking ma rientra all’interno di uno scenario denso di notizie interessanti. Tema: cosa può fare nel breve termine l’Italia per governare la sua dipendenza dal gas russo? Una prima risposta l’ha offerta Cingolani (incrementare la produzione nazionale sui giacimenti esistenti) ma si tratta di una soluzione tampone destinata a incrementare solo una quota tra i 2 e i 5 miliardi di metri cubi di gas su un fabbisogno totale dell’Italia pari a 70 miliardi di metri cubi. La seconda risposta, più interessante, la si trova scavando tra i piani non ancora noti del governo. E qui i filoni sono due. Il primo riguarda la volontà di Draghi di chiedere alla Commissione europea di rinegoziare l’accordo con la Trans Mediterranean Pipeline, che è un gasdotto che collega l’Algeria e l’Italia passando per la Tunisia. Attualmente, il gasdotto pompa gas per il 10 per cento della sua portata e l’obiettivo dell’Italia è portare il gasdotto a una quota vicina al 90 per cento della sua capacità, in modo da poter attingere nel giro di un anno a 20 miliardi di metri cubi ulteriori di gas.
Il secondo filone riguarda un accordo di collaborazione che il governo ufficializzerà a breve e che riguarda uno stock di Gnl (gas naturale liquefatto) opzionato da tre paesi disposti a collaborare con l’Italia (Qatar, Canada, Giappone). Per poter gestire lo stock di Gnl il governo darà vita a un piano d’emergenza nei porti per creare rigassificatori straordinari e chiederà alla Commissione di coordinare la distribuzione del Gnl in Italia aiutandosi con i rigassificatori di Spagna e Croazia. Meno dipendenza dal gas russo, scommessa sulla neutralità energetica, meno ideologia ambientalista e un passo in avanti per creare una regia europea per i contratti di fornitura del gas. Forse non tutte le crisi vengono per nuocere.