L'analisi
I mercati scommettono su sanzioni innocue. Ecco perché la guerra non ha gettato le Borse nel panico
L'attacco militare della Russia ha generato incertezza, ma per ora i principali listini continuano a crescere. Segno che le misure restrittive verso Putin non vengono considerate così severe da compromettere l'andamento dell'economia globale
L’attacco militare della Russia nei confronti dell’Ucraina ha senz’altro generato incertezza sui mercati finanziari globali, perché rappresenta lo scenario peggiore che potesse verificarsi, ma non ha scatenato il panico. Anzi, ieri sera Wall Street ha chiuso in positivo con il Nasdaq che ha persino guadagnato oltre il 3 per cento e stamattina i listini europei sono tutti in ripresa – con Piazza Affari che a metà mattina guadagna oltre l’1 per cento - in attesa della riunione dell’Eurogruppo a cui parteciperà anche la presidente della Bce Christine Lagarde. Come mai tanto sangue freddo?
La ragione potrebbe essere che le sanzioni messe per ora sul piatto da Unione europea e Stati Uniti, benché taglino fuori dai mercati una buona parte delle banche russe, non sono così severe da compromettere l’andamento dell’economia globale. Dai sondaggi condotti tra analisti e gestori dalle maggiori case di investimento, trapela una certa fiducia che l’Europa alla fine non arriverà ad adottare contromisure che possano rivelarsi un boomerang, come per esempio bloccare a Mosca l’accesso al sistema di pagamenti internazionali Swift. E questo semplicemente perché gli stati Ue non saprebbero come pagare le forniture di gas o come gestire tutte le altre transazioni commerciali in cui sono coinvolte migliaia di imprese.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, invece, la banca d’affari Goldman Sachs ha messo in evidenza che gli effetti diretti della guerra sull’economia statunitense saranno limitati perché i legami commerciali con Russia e Ucraina sono deboli (meno dell’1 per cento dell’import-export) e perché i prezzi dell’energia saranno influenzati molto meno che in Europa. Ricapitolando, si può dire che le borse tifano contro le sanzioni nei confronti di Putin non perché siano anti-democratiche, ma perché temono le ripercussioni che potrebbero avere sull’economia globale che sta appena uscendo dalla pandemia e finché tra gli investitori prevale l’idea che queste ripercussioni avranno portata limitata si può ipotizzare che non ci saranno nuovi crolli come nei giorni scorsi.
Ma c’è un altro aspetto da considerare. In questo momento stanno cambiando tutte le valutazioni su tassi e inflazione. Quello che valeva fino a 10 giorni fa adesso potrebbe non valere più. L’attenzione dei mercati in queste ore si sta sempre più rivolgendo verso le banche centrali perché l’attuale scenario bellico potrebbe indurre la Federal Reserve a rinviare il primo rialzo dei tassi previsto per marzo e la Bce a tornare su un terreno da “colomba” riguardo all’inizio di una politica monetaria restrittiva. Sempre Goldman Sachs spiega che le tensioni russo-ucraine hanno spinto l’indice di rischio geopolitico della Fed a un livello molto alto, cosa che potrebbe indurre la banca centrale americana a un ripensamento sui tempi del rialzo dei tassi anche se non una deviazione dalla rotta già stabilita poiché nel frattempo l’inflazione continua a galoppare e negli Stati Uniti vede una buona componente anche nei salari. E in Europa? Stamattina il commissario europeo all’economia Paolo Gentiloni ha detto che il secondo pacchetto di sanzioni non sarà l’ultimo facendo intendere, così, che potrebbe esserci un ulteriore inasprimento. Per ora, però, i mercati non scommettono su questo scenario. Hanno ragione? Si vedrà nei prossimi giorni, intanto la volatilità resta alta e tutti gli occhi sono puntati su quello che dirà Lagarde alla riunione dell’Eurogruppo.