L'oro di Mosca per resistere alle sanzioni
La Russia ha riserve valutarie diversificate da tempo, ma non basteranno come risposta al pacchetto di misure punitive disposto dai paesi occidentali
La Borsa di Mosca, dopo aver perso oltre la metà del suo valore dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, sospende le attività per alcuni giorni. Le riserve valutarie russe detenute all’estero sono state congelate. E da ieri una grande banca statale come la Sberbank rischia di veder fallire la controllata europea, Sberbank Europe. La fuga di capitali seguita alle tensioni geopolitiche ha prosciugato la liquidità dell’istituto e delle filiali in Slovenia e Croazia, come avvertito dalla Bce. Comincia a far male l’inasprimento delle sanzioni occidentali sulla Russia e si vede dal fatto che la Banca centrale è stata costretta ad aumentare i tassi dal 9,5 al 20 per cento in solo colpo per la svalutazione del rublo del 30 per cento in un giorno. Ma farà più male quando diversi istituti di credito russi saranno esclusi dal sistema dei pagamenti internazionali Swift. A quel punto la Russia sarebbe quasi del tutto disconnessa dal resto del mondo.
“Siamo di fronte a un accerchiamento del sistema finanziario russo che punta a isolare il paese e a convincere al più presto Putin a sedersi al tavolo dei negoziati – dice al Foglio Antonio Cesarano, capo delle strategie di investimento globale di Intermonte Sim –. L’Europa non sta rispondendo alla Russia direttamente con le armi, se non con quelle inviate all’Ucraina per difendersi, ma sta attaccando le sue basi economiche come non aveva mai fatto prima nell’intento di sottrarre risorse e capacità di resistenza. Spero che tale strategia funzioni e in fretta perché tutto questo avrà un effetto di ritorno sui paesi europei con la prevedibile riduzione dei rifornimenti e l’aumento del prezzo non solo del gas ma anche di altre materie prime come grano e fertilizzanti”. Cesarano racconta che osservando alcune dinamiche del bilancio pubblico russo si vede chiaramente che Putin a questa guerra si stava preparando da tempo. “A partire dal 2014 il paese ha cominciato a cambiare la composizione delle sue riserve valutarie (oltre 600 miliardi di dollari) acquistando quantità crescenti di oro e liberandosi dei titoli di stato americani. Oggi sappiamo perché lo ha fatto: la Banca centrale russa è arrivata a detenere 74 milioni di once di oro che equivalgono a circa 140 miliardi di euro, in pratica poco meno della metà delle riserve”. E’ con i lingotti che Putin cercherà di sopravvivere alla guerra economica? “Nella storia – prosegue Cesarano – non mancano esempi in cui gli stati hanno pagato con il metallo prezioso i loro debiti con altri paesi del mondo, è successo anche durante il secondo conflitto mondiale”. Intanto, però, le contromisure economiche dell’occidente avranno un impatto sul pil della Russia, che quest’anno sarebbe dovuto crescere del 2,8 per cento e invece probabilmente sarà azzerato.
Ma quanto può resistere un paese accerchiato economicamente e finanziariamente? “Se la Russia fa affidamento solo sulle sue riserve auree, direi un quadrimestre, non di più – osserva Cesarano –. Ma nel frattempo l’Europa rischia di cadere in stagflazione, cioè in uno scenario di crisi con inflazione, mentre gli Stati Uniti, meno coinvolti negli scambi economici e commerciali con la Russia e senza problemi di approvvigionamento energetico, potrebbero proseguire sulla strada della ripresa prendendo una direzione opposta all’Europa. Anche una tale divaricazione presenta dei rischi”.
Per ora, comunque, si pensa a fermare la guerra in Ucraina e l’Europa sembra aver messo in conto che un prezzo lo dovrà pagare. “L’importante sarà arrivare al risultato – afferma Alessia Amighini, economista dell’Ispi specializzata nell’area euroasiatica – Noi non ci aspettavano che Putin invadesse l’Ucraina ma lui non si attendeva una risposta così decisa dell’occidente. Una riflessione andrebbe fatta, però, sull’efficacia delle sanzioni economiche. Per come sono state articolate, metteranno in ginocchio lo stato e il popolo russo, ma non sono certa che faranno mancare risorse personali a Putin e ad alcuni dei suoi oligarchi che utilizzano vari tipi di circuiti internazionali, alcuni dei quali passano per Ginevra e le banche svizzere”. Amighini concorda con chi ritiene che a questa guerra la Federazione russa si stava preparando da tempo. “Dobbiamo rimproverarci di non aver colto in tempo tutta una serie di segnali, comprese le manovre di avvicinamento alla Cina, che rendono questa partita ancora più insidiosa”.