materie prime alle stelle
Benzina e diesel, contro il caro prezzi il governo può solo tagliare Iva e accise
Il petrolio ai massimi per la guerra in Ucraina e l'embargo si riflette sui prezzi alla pompa dei carburanti. La pressione fiscale in Italia è tra le più alte d'Europa ed è l'unico margine di manovra per un intervento del governo
I prezzi di diesel e benzina in Italia non sono mai stati così cari. In molte stazioni di servizio hanno ormai superato i 2 euro al litro e in alcuni casi è il gasolio a costare più della benzina, nonostante l'accisa più bassa. I rialzi si registrano ormai dall'inizio dell'anno sulla scia dei prezzi folli sui mercati petroliferi, ma è con lo scoppio della guerra in Ucraina che le quotazioni del Brent hanno superato i 100 dollari al barile e non accennano a fermarsi: lunedì scorso il barile ha sfiorato i 140 dollari, cosa che non accadeva dal 2008. Con l'embargo ai prodotti petroliferi russi annunciato ieri da Stati Uniti e Regno Unito la situazione potrebbe addirittura peggiorare. "Mi aspetto che la benzina vada presto verso i 2,15 euro al litro, dai 2 euro che costa ora", ha detto al Foglio Davide Tabarelli, "in caso di embargo da parte dei paesi europei, non oso pensare dove possa andare il prezzo". L'ipotesi per ora non è sul tavolo di Bruxelles, mentre nei prezzi impazziti c'è già la reazione dei mercati a una riduzione dei volumi dei prodotti petroliferi, che si è verificata anche prima dell'embargo per via delle difficoltà logistiche e finanziare dell'export legate alle sanzioni.
Di fronte a questi elementi c'è poco che il governo possa fare per ridurre l'impatto del rincaro, che agita non solo gli autotrasportatori ma anche gli automobilisti. L'unico margine di manovra è sulla componente fiscale che contribuisce a fare il prezzo alla pompa, che dipende solo in parte dai mercati e dai gestori. Ecco che allora potrebbe tornare in primo piano la riduzione della accisa di cui tanto aveva parlato il leader della Lega Matteo Salvini prima che insieme al M5s prendesse forma il governo gialloverde. Provvedimento che poi mai ha visto la luce. Di defiscalizzare ha parlato anche oggi in una intervista su Repubblica il presidente di Confidustria, Carlo Bonomi. E anche Giuseppe Conte ha definito “inaccettabili” i rincari dei carburanti, promettendo di presentare proposte. Segno che come è stato per le bollette, anche la benzina potrà tornare a essere presto un motivo di pressione sul governo.
È utile ricordare che non ci sono solo le missioni militari e la storica guerra in Abissinia tra gli eventi straordinari che compongono l'accisa sui carburanti. Ci sono anche prelievi che finiscono in un fondo per lo spettacolo, nel rinnovo della flotta di autobus pubblici, per il contratto degli autoferrotranvieri e per la gestione delle migrazioni dalla Libia dopo la crisi del 2011. Oltre ai contributi per i vari terremoti (Belice, Friuli, Irpinia, L'Aquila, Emilia), ci sono l'alluvione di Firenze e il disastro del Vajont, alcune missioni Onu e alcuni fondi per un paio di decreti leggi (Salva Italia e Fare). Pochi centesimi che sommati sono pari a 0,72840 euro su un litro di benzina e 0,61740 euro su un litro di diesel.
Se a questi si somma l'Iva emerge che l'Italia è uno dei paesi europei che applica la maggiore pressione fiscale sui carburanti: il secondo dopo l'Olanda e la Grecia per la benzina e il primo per il diesel, confrontando i dati riportati dall'ultimo Oil bullettin della Commissione europea. Il dato percentuale com'è ovvio cambia in base al prezzo che fa il mercato, ma si tratta di circa il 55-57 per cento per la benzina e di 52-54 per cento per il gasolio.
In pratica, secondo gli ultimi dati del ministero dello Sviluppo economico, un litro di benzina al momento della rilevazione costava in media 87 centesimi, un litro di diesel 88 centesimi.
Il prezzo alla pompa però è un altro: al 7 marzo la benzina costava in media 1,95 euro; accise e Iva sono pari a poco più di 1 euro, mentre il prezzo industriale del carburante è di circa 87 centesimi. Per il diesel il quadro è questo: 88 centesimi circa tra materia prima e margine del gestore più 95 centesimi di accisa e Iva (totale alla pompa 1,83 euro).
Intanto gli aumenti hanno l'effetto di ridurre i consumi e nella morsa si ritrovano i gestori degli impianti, strozzati dagli aumenti delle bollette energetiche. La loro proposta è di introdurre l'accisa mobile, che sterilizza l'aumento dell'Iva ancorata al prezzo delle materie prime. In difficoltà anche il settore dell'autotrasporto, che minaccia scioperi e blocchi.
Ritoccare queste componenti fiscali potrebbe essere un modo per alleggerire il peso dei rincari. Ma farlo ha un costo per le finanze pubbliche. In un anno segnato dalla pandemia e dai lockdown come il 2020 le entrate fiscali da accisa e Iva sono state di 31,8 miliardi di euro, il dato più basso degli ultimi 25 anni, in flessione di 7,6 miliardi rispetto all'anno precedente (dati Unem). Solo il gettito Iva ha portato nelle casse dello stato 9 miliardi, nonostante la flessione dei prezzi dei prodotti petroliferi che nel 2020 erano ai minimi storici. Per qualsiasi intervento bisognerà partire da questi numeri, ma l'urgenza del momento suggerisce di iniziare a fare i calcoli.