Intel investe in Europa e in Italia. Scenari dietro a una svolta
Indipendenza tecnologica, svolta sui microchip. Nel nostro paese ci potrebbero essere investimenti per 4,5 miliardi, ma tutto è ancora incerto e il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti è insoddisfatto. Opportunità e speranze
Intel ha deciso di investire 80 miliardi di euro in dieci anni (33 nella manifattura) per contribuire a colmare il gap dell’Ue che, come previsto nell’European Chips Act, vuole raddoppiare la sua attuale quota di produzione nel mercato globale salendo dal 10 al 20 per cento. All’Italia spetterebbero 4,5 miliardi, ma tutto è ancora incerto e il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti è insoddisfatto. I microprocessori sono il cuore dell’intero universo digitale, un cuore che oggi batte soprattutto in due parti del mondo.
In America (in particolare negli Stati Uniti dove Intel è leader) e in Asia (Giappone, Taiwan, Corea del sud con la Cina che ha già fatto passi da gigante). La nuova dimensione regionale della globalizzazione rende indispensabile che l’Europa riduca il suo divario. Non solo. La guerra in Ucraina è anche una guerra di chip basti vedere l’efficienza delle armi anticarro e antiaeree americane in grado di individuare e colpire i punti meno protetti, i droni turchi, i disturbatori di frequenze cinesi, usati dai russi per confondere il tiro dei razzi. L’investimento di Intel non ha a che fare direttamente con la nuova corsa agli armamenti, tuttavia quella dei microprocessori è per sua natura una tecnologia duale.
Intel ha scelto la Germania come polo strategico e come localizzazione produttiva più importante: due fabbriche a Magdeburgo, capitale della Sassonia-Anhalt, per produrre chip basati sui processi Angstrom e anche per conto terzi. L’investimento è di 17 miliardi di euro, il progetto è pronto, la costruzione comincerà l’anno prossimo impiegando settemila lavoratori, la produzione è prevista nel 2027 e saranno assunti a tempo indeterminato tremila operati e tecnici. Grosso impegno, 12 miliardi di euro, anche in Irlanda, dove Intel ha un impianto a Leixlip. In Francia nei dintorni di Plateau de Saclay – chiamato la Silicon Valley europea, venti chilometri a sud di Parigi – sorgerà l’hub per la ricerca, lo sviluppo e la progettazione con mille posti di lavoro ad alta specializzazione, concentrato in particolare nel supercalcolo e nell’intelligenza artificiale. A Danzica in Polonia verrà aumentato del 50 per cento lo spazio dei laboratori esistenti. Per la Spagna Intel potenzierà la collaborazione con il Barcelona Supercomputing Center.
E l’Italia? Grandi aspettative, ma risultati da misurare nel tempo. Il comunicato ufficiale annuncia “un investimento potenziale” fino 4,5 miliardi di euro e precisa che le discussioni sono ancora in corso. La nuova fabbrica dovrebbe creare “approssimativamente” 1.500 posti di lavoro diretti ai quali s’aggiungono 3.500 indiretti attraverso fornitori e partner. Le operazioni comincerebbero tra il 2025 e il 2027. Anche la data è incerta, mentre per Germania, Irlanda, Francia ci sono cifre e scadenze precise. Giorgetti che ha puntato molto sul progetto chip, si ritira sull’Aventino e non parteciperà agli ulteriori negoziati. Tutto passa nelle mani di Vittorio Colao, il ministro della Transizione digitale, il quale ha salvato un investimento che a un certo punto sembrava compromesso e ha mandato avanti la proposta di Intel. All’Italia tocca il packaging, un’operazione delicata, ma tecnologicamente meno ricca. Una volta prodotta e completata l’incisione litografica, la cialda di silicio viene tagliata in pezzi chiamati “Die” a loro volta inseriti in due strati, quello inferiore ospita le connessioni elettriche e meccaniche, quello superiore protegge la struttura e dissipa il calore. E’ questa la fase terminale alla quale si dovrebbe dedicare l’impianto italiano. Dove, non è affatto chiaro. Si era parlato di Catania perché c’è STMicroelectronics (il gruppo pubblico italo-francese numero uno in Europa) e di Torino nello stabilimento di Mirafiori, ma i tecnici Intel hanno fatto presente che in entrambi i casi lo spazio non basta. S’è fatto avanti il Veneto, si agita l’intera Puglia: Foggia, Bari, Brindisi e Lecce. Va ricordato che Intel chiede robusti incentivi statali, Germania e Francia hanno stanziato un bel pacco di miliardi e hanno ottenuto la produzione e la progettazione. Il governo italiano intende puntare sulla filiera dei chip dove può vantare know how e capacità produttiva. Se bisogna mettere in campo risorse dei contribuenti – si chiedono al Mise – perché non investire in Stm? Non per ostacolare Intel, ma per aumentare la competizione e il potenziale industriale. Il gruppo americano, del resto, ha acquisito l’israeliana Tower Semiconductor che ha una significativa partnership proprio con la fabbrica Stm di Agrate Brianza. In questo campo, non ci sono giochi a somma zero.