La guerra di Putin e il lato oscuro della transizione energetica
L’aumento dei prezzi del gas e dell’energia elettrica è un elemento di grande apprensione, ma c'è di più. Cinque fenomeni da osservare
Il fiato di tutti è sospeso e il cuore è in Ucraina. Qui da noi rimangono le ansie umanitarie, politiche ed economiche. L’aumento dei prezzi del gas e dell’energia elettrica è un elemento di grande apprensione per i mercati e i policy maker. In poche settimane i prezzi sono triplicati, generando una forte pressione sulle imprese di trading e distribuzione e, a tendere, su tutto il sistema economico europeo e italiano in particolare. Fortunatamente, la vischiosità dei contratti di fornitura, che prevedono tariffe solo parzialmente indicizzate, ha fatto sì che la crescita esponenziale dei prezzi dei prodotti energetici non si sia ancora propagata a tutti gli altri mercati. Ma è chiaro che lo scenario macroeconomico tendenziale contempla un’inflazione consistente nel medio periodo. Questo quadro complesso merita alcune riflessioni non solo in ordine all’origine dei fenomeni osservati, ma anche, se non soprattutto, rispetto alle azioni di politica economica all’orizzonte.
Le cause della variazione dei prezzi sono riconducibili a due componenti. Una, sperabilmente congiunturale, di una natura geopolitica: l’aggressione russa all’Ucraina. Questo elemento spingere al rialzo l’inflazione e comprimere, almeno temporaneamente, i margini di profitto delle imprese. Ma ben prima della guerra i prezzi avevano iniziato a salire vertiginosamente per cause strutturali riconducibili alla politica ambientale europea, che ha inciso significativamente sui costi di produzione dell’energia elettrica. Dato il quadro di instabilità internazionale e gli obiettivi generalmente condivisi della transizione ecologica, è probabile che l’aumento dei prezzi sarà in gran parte strutturale e comporterà un aggiustamento drammatico verso un nuovo equilibrio nei mercati colpiti dal fenomeno.
In questi giorni, il governo sta cercando di mettere in sicurezza l’economia diversificando i paesi da cui importiamo prodotti energetici e cercando di aumentare la produzione interna, anche ricorrendo in extremis al vecchio e vituperato carbone. Ma nelle prossime settimane, oltre a guardare a cosa accadrà in Ucraina, bisognerà osservare cinque fenomeni.
1) Monitorare le prossime mosse della Bce e comprendere quale strategia di contenimento dell’inflazione di medio periodo adotterà. 2) I governi dovrebbero mettere in campo interventi di sterilizzazione dell’incremento dei prezzi dell’energia, soprattutto per alcuni settori. E’ bene, però, non attendersi una sterilizzazione completa per non eliminare completamente gli incentivi impliciti, derivanti dai prezzi elevati, all’effcientamento e alla razionalizzazione dei consumi. 3) Il settore più sofferente è quello dei trader e dei dealer di energia. Sostegni alle imprese del comparto potrebbero non essere orizzontali e volti a ripristinare i precedenti margini di profitto. Questa scelta salomonica potrebbe essere dettata sia dalla volontà di imprimere una normale dinamica competitiva al settore, sia perché una parte dell’incremento dei prezzi sarà trasferito, nel tempo, ai consumatori e alle imprese. 4) Se una parte significativa dell’aumento dei prezzi non sarà sterilizzata, sarà necessario contenere gli effetti economici, ma anche politici, di una diseguale distribuzione dei sacrifici imposti dalla politica ambientale. 5) E’ utile ribadirlo: una definitiva soluzione dei problemi del permitting per la costruzione di impianti eolici e fotovoltaici, oltre che per l’energy storage, consentirebbe, sebbene solo nel medio periodo, l’espansione dell’offerta di energia da rinnovabili.
Prima della guerra, i mercati forward prevedevano un leggero rallentamento della dinamica inflattiva dei prodotti energetici, con una stabilizzazione dei prezzi a partire da marzo su valori comunque nettamente superiori a quelli della metà del 2021. Oggi le previsioni sono di prezzi in risalita, con una forte incertezza rispetto al momento di un eventuale rallentamento. Questo scenario sarà intaccato solo parzialmente da interventi di natura fiscale e monetaria, mentre sarà necessario accompagnare il sistema economico in un percorso non breve di cambiamento strutturale non solo della domanda di energia, ma anche nelle modalità di produzione nei settori energivori, anche combattendo quell’ambientalismo culturale che ha reso l’Italia meno attraente di quanto potrebbe essere per gli investimenti in rinnovabili. Prima ogni giorno di ritardo sulle autorizzazioni per un impianto eolico o fotovoltaico ci costava prima in termini di cambiamento climatico. Oggi, la posta in gioco si è alzata ulteriormente, rendendone tangibile l’importanza geopolitica.
Marco Percoco
GREEN Università Bocconi