Offerte e spezzatini. Quanti danni può fare ancora la politica a Tim
Telecom Italia ha accumulato 22 miliardi di debiti e annunciato perdite per il 2021 pari a 8,7 miliardi. Ora è a un bivio. Kkr o Cvc? Ecco cosa può cambiare
Telecom Italia si trova a un bivio. La società telefonica può diventare americana dicendo sì al fondo Kkr, che è disposto a pagare un premio a tutti gli azionisti. Oppure può decidere di restare ancorata all’Italia (anche se il primo socio è il gruppo francese Vivendi) vendendo un pezzo del suo business al fondo inglese Cvc Capital partners per fare cassa, in modo da garantirsi le risorse necessarie per mandare avanti le altre attività. Vendita in toto o vendita di singoli settori. L’ora della verità si avvicina per Telecom anche se i tempi non saranno brevissimi. Oggi a margine del cda convocato per questioni ordinarie, il presidente Salvatore Rossi e l’amministratore delegato, Piero Labriola, riferiranno sullo stato del dialogo con Kkr, che la scorsa settimana ha confermato l’intenzione di lanciare un’offerta per il 100 per cento della società (si vocifera che al fondo americano stia per essere inviata una lettera scritta come risposta) e per informare i consiglieri della nuova proposta avanzata lo scorso week end da Cvc circoscritta ai servizi per la clientela business. In entrambi i casi, lo spezzatino sembra essere l’unica via possibile per l’ex monopolista italiano, che dalla privatizzazione in avanti ha affrontato con fatica un mercato molto competitivo come quello telefonico. Telecom Italia, infatti, ha accumulato 22 miliardi di debiti, annunciato perdite per il 2021 pari a 8,7 miliardi, subito tre downgrade da parte delle agenzie di rating e, soprattutto, non ha (ancora) spiegato come intende fare per ripristinare gli utili.
Se Telecom dovesse buttarsi tra le braccia di Kkr, ipotesi che sembra avere poche chance ma pare non dispiaccia agli investitori istituzionali presenti nel capitale, sarebbe il nuovo proprietario a occuparsi di fare a pezzi la società e a decidere in che modo valorizzare l’infrastruttura di rete una volta scorporata e se mantenere oppure rivendere al miglior offerente la parte dei servizi telefonici.
Invece, nel caso in cui il neo ad Piero Labriola andasse avanti con il suo piano, lo spezzatino verrebbe fatto in casa – rete telefonica da un lato (NetCo) e servizi dall’altro (Service Co). A quel punto la proposta di Cvc, e di altri fondi d’investimento per singoli asset (si vocifera dell’interesse da parte di Apax e Apollo), potrebbe risultare funzionale proprio al disegno strategico di Labriola.
In realtà, lo scenario spezzatino era nell’aria già da un anno e qualcuno ipotizza che Giampiero Mazza, country manager di Cvc da 12 anni, avesse messo nel mirino Telecom prima di Kkr puntando proprio ai vantaggi che l’operatore telefonico avrebbe potuto trarre dagli investimenti previsti dal piano nazionale di rilancio e resilienza. Ma se il fondo americano ha scelto la strada dell’opa che per certi versi è risultata dirompente per le valutazioni che implica anche sul piano politico (interesse nazionale, sicurezza e livelli occupazionali, aspetti più volte sottolineati anche dal premier Mario Draghi), l’investitore inglese ha optato per una proposta più soft e, soprattutto, ha atteso che fosse Telecom a fare il primo passo sulla divisione degli asset.
Dopo essere stato alcuni mesi alla finestra a guardare il tira e molla tra Kkr e il cda di Telecom, Cvc ha messo sul piatto un’offerta per il 49 per cento della Enterprise, che altro non è che una delle due divisioni relative ai servizi telefonici (che complessivamente fatturano poco meno di 10 miliardi) ed è quella che garantisce i margini maggiori perché dedicata alle grandi aziende e alla pubblica amministrazione (l’altra riguarda i consumatori privati). Inoltre, la Enterprise comprende le attività di cloud, Ict, cybersecurity (Noovle, Olivetti e Telsy) e potrà beneficiare delle gare per il polo strategico nazionale e dei progetti del Pnrr per la digitalizzazione degli uffici pubblici, con gare in assegnazione già a fine giugno. Ebbene, Cvc vorrebbe diventare socio di minoranza di questa entità e va da sé che l’ipotesi sia incompatibile con la proposta di Kkr che, invece, punta alla totalità di Telecom, anche se non è chiaro se il fondo è ancora disposto a pagare 0,505 euro per azioni, che è il prezzo offerto lo scorso novembre quando lo scenario di mercato era molto diverso. Le azioni Telecom sono risalite a 0,34 euro dal minimo a 0,25 toccato con i pessimi conti 2021 e, in effetti, c’è spazio per un premio anche sotto la vecchia proposta. Ma basterà per convincere gli azionisti a vendere?