Sanzioni sul gas. Quanto siamo disposti a pagare per fermare Putin?
Le sanzioni hanno inferto un duro colpo all'economia russa, ma non bastano. Estenderle all'energia comporta però un costo anche per noi, seppure inferiore al danno per la Russia. Vorremmo sconfiggere Putin gratis, ma difendere l'Ucraina, l'Europa e i valori occidentali costa
La reazione occidentale, in particolare dell’Unione europea, all’invasione dell’Ucraina è stata sorprendente. Tutti, a partire da Vladimir Putin, si aspettavano un’Europa divisa e impacciata, con alcuni paesi incapaci di scegliere tra la difesa dell’indipendenza ucraina e i rapporti economici con la Russia. E invece la risposta è stata rapida, compatta e dura. Da un lato l’aiuto diplomatico e militare all’Ucraina per resistere all’invasione, dall’altro le sanzioni economiche senza precedenti alla Russia (a partire dal congelamento delle riserve estere). Entrambe le scelte sono state importanti e decisive per cambiare le sorti di una guerra che sembrava avere il destino già segnato: la conquista di Kiyv e dell’intera Ucraina in pochi giorni.
Invece no. Da un lato gli aiuti militari hanno permesso all’esercito ucraino di contenere e respingere l’avanzata delle truppe russe infliggendo loro danni enormi sul campo di battaglia, dall’altro le sanzioni economiche hanno inferto un duro colpo all’economia russa: caduta del pil, aumento dell’inflazione, crollo delle importazioni, fuga degli investimenti ed emigrazione. Sul fronte degli aiuti militari è difficile andare oltre senza rischiare un allargamento della guerra, che nessuno vuole e sarebbe deleterio per tutti. Ma le sanzioni, man mano che la guerra prosegue, esercitano su Putin una pressione sufficiente? O serve qualcosa di più?
Da tempo Robin Brooks, capo economista dell’Institute of International Finance, mostra che rispetto al crollo immediato post sanzioni il rublo si è stabilizzato e ha piano piano recuperato rispetto al dollaro. La Russia, grazie all’elevato prezzo di gas e petrolio, sta accumulando enormi avanzi di parte corrente e quindi sta ricostruendo le riserve e la capacità di importazione che le sanzioni occidentali avevano azzoppato. La riunione dell’Opec di ieri, che in sostanza ha deciso di mantenere lo stesso livello produttivo, ha mostrato che i produttori globali di petrolio non abbandoneranno un partner come la Russia per aiutare l’occidente.
La risposta spetta a noi. E l’unica mossa incisiva sarebbe quella di estendere le sanzioni al gas e al petrolio, bloccando gli acquisti o riducendoli fortemente, per smettere di dare soldi a Putin. Ma è un salto di qualità notevole rispetto alle decisioni precedenti. L’invio di armi all’Ucraina e il primo pacchetto di sanzioni alla Russia (contro gli oligarchi e la Banca centrale) hanno in comune un elemento: non ci costano nulla. Nel primo caso sono gli ucraini a combattere con le nostre armi, nel secondo sono solo i russi a pagare per le nostre sanzioni. Ma purtroppo non basta, bisogna colpire al cuore dell’economia russa: gas e petrolio. Però il salto di qualità delle sanzioni sull’energia comporta un costo anche per noi, ed è questo il motivo per cui molti paesi, soprattutto quelli più dipendenti da Mosca come Germania e Italia, sono scettici. E ci sono buone ragioni per andarci cauti, visto che la scarsità del gas e l’aumento del prezzo dell’energia rischiano di produrre più proteste qui che a Mosca. Di questi nostri timori Putin ne è consapevole, e infatti ha tentato di imporre il pagamento del gas in rubli ai paesi “ostili”. Al momento i paesi europei, Italia compresa, hanno deciso di mantenere il punto affrontando il rischio di una sospensione delle forniture di gas.
Probabilmente il bluff di Putin finirà con una marcia indietro. Perché un embargo energetico produrrebbe danni nettamente superiori alla Russia, anche se siamo in Europa siamo più preoccupati per le ricadute su di noi. Vorremmo fermare Putin gratis, ma può succedere. “I leader europei – ha scritto l’economista Jean Pisani-Ferry – dovrebbero chiarire al pubblico che non possono sconfiggere un avversario pronto a sopportare un calo del 20% del pil se gli europei non sono disposti a rischiare un calo del 2%”. Ma serve una strategia comune, ad esempio un piano finanziario euro-atlantico, per limitare i costi delle sanzioni energetiche soprattutto per i paesi più dipendenti dalle forniture russe. Pertanto la domanda di fondo che tutti i cittadini, e non solo i leader politici dovrebbero porsi, e a cui dovrebbero rispondere in tempi brevi, è: quanto siamo disposti a pagare di tasca nostra per difendere l’Ucraina, l’Europa, la nostra democrazia e la nostra sicurezza? In sintesi, quanto valgono per noi i nostri valori?