Sovranisti dei miei stivali
Altri due anni di flat tax, e il fisco grava sempre su stipendi e pensioni
Invece di abolire la tassa piatta se ne alza il tetto a 80 o 100 mila euro e la si proroga. E se anche il governo riuscisse davvero a ridurre l'evasione, a pagare le tasse continueranno ad essere sempre gli stessi
"Le tasse, le pagano solo i percettori di redditi fissi, stipendi e pensioni”. Questo slogan risuona forte e chiaro nel momento in cui il governo presenta il Documento di Economia e Finanza e il Parlamento si accinge a esaminare la delega fiscale. Quando lo enuncia, Landini alza di vari decibel il volume della voce, come a dire che il governo è insensibile alla grave ingiustizia che grava sui lavoratori che egli rappresenta.
Ma è vero? E se è vero perché il governo Draghi non fa nulla? La risposta alla prima domanda è che lo slogan è semi vero. È vero che il grosso dell’Irpef grava su stipendi e pensioni, ma non è vero che grava sui percettori di stipendi medio-bassi, cioè su quelli che Landini vuole rappresentare. Secondo l’ultimo rapporto del Mef, relativo al 2019, l’80 per cento dei 22,5 milioni di lavoratori dipendenti paga un’imposta media di 5.580 euro. I restanti 4,4 milioni di dipendenti non dichiarano imposta per effetto sia di livelli di reddito che rientrano nella no tax area sia delle detrazioni che, come noto, diminuiscono al crescere del reddito. Forse è giusto così, ma prendiamo atto che, in sostanza, la grande maggioranza dei lavoratori dipendenti paga meno della flat tax di Salvini, il famoso 15 per cento, che è l’aliquota media effettiva dei dipendenti con un reddito di 28.000 euro. Al contrario, come si legge nella relazione della commissione bicamerale nota come commissione Marattin, “la metà dell’Irpef è pagata da una ristretta minoranza di contribuenti (8 per cento del totale) che rappresentano il 28 per cento dell’imponibile”. Per questo la commissione chiedeva di alleggerire il carico fiscale sui veri tartassati, ossia i contribuenti nella fascia di reddito 28.000-55.000. Le misure della legge di Bilancio hanno solo scalfito questa realtà, anche se sono state sufficienti per scatenare le ire e lo sciopero generale di Cgil e Uil (non della Cisl).
Passiamo ora alla seconda domanda. Perché il governo fa poco per risolvere il problema (quello vero, il carico sui dipendenti, non quello di cui si lamentano Landini&co)? Per rispondere, bisogna partire dai fatti: in base ai dati dell’ultimo rapporto del Mef, relativo al 2019, la base imponibile Irpef grava sui redditi fissi per due diverse ragioni. Una è l’evasione che – non c’è dubbio – è scandalosamente alta fra i lavoratori autonomi, e qui la delega sta mettendo in atto strumenti assai affilati. La seconda ragione è che dalla base imponibile Irpef sono sottratti quasi tutti gli altri redditi e cioè i redditi da capitale, i redditi immobiliari e i redditi degli autonomi con fatturato (dichiarato) inferiore a 65 mila euro, quelli soggetti alla flat tax. La delega fiscale, anche nella sua formulazione iniziale, non modificava di molto questo stato di cose perché proponeva la dual tax che significa assoggettare i redditi da capitale, immobili compresi, a imposte sostitutive, fuori dalla progressività dell’Irpef.
I sindacati hanno espresso il loro disappunto in vari documenti unitari presentati alle commissioni Finanze di Camera e Senato. Ma a quanto ci risulta non hanno fatto nessuno sciopero per chiedere di assoggettare a Irpef i dividendi sulle azioni, gli interessi sulle obbligazioni o gli affitti percepiti dai proprietari di immobili. E in effetti i sindacalisti sanno bene che ci sono alcune buone ragioni per lasciare le cose come stanno. È opinione largamente condivisa che l’assoggettamento a Irpef verrebbe facilmente eluso con operazioni sull’estero nel caso di interessi e dividendi e con il ricorso al nero (più ancora di quanto ce ne sia già oggi) nel caso degli affitti. Lo sanno tanto bene che sposano l’ipotesi minimalista della Corte dei Conti che propone di assoggettare a Irpef (agevolata!) i soli redditi in cedolare secca sui canoni di affitto.
Ora, per la pressione dei sovranisti del nostro povero stivale, le cose peggiorano ulteriormente. Invece di abolire la flat tax, se ne alza il tetto a 80 o 100 mila euro e la si proroga per altri due anni. E si sa che in Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio. Si tratta di un obbrobrio che non fa onore a questa composita maggioranza e che giustificherebbe – questo sì – di alzare molto il tono della protesta. La morale è che ora sappiamo per certo che, anche dopo l’approvazione delle riforma fiscale e anche se il governo riuscisse a graffiare davvero gli evasori, le tasse continueranno a gravare su stipendi e pensioni. Landini&co potranno continuare a protestare, ma gli saremmo grati se abbassassero un po’ i decibel delle loro invettive.
sindacati a palazzo chigi